Cagliari e Sulcis Iglesiente
Gesù predice la sua morte
3 aprile 2022
di ELIZABETH GREEN
Era proprio necessario che Gesù morisse? Dio non avrebbe potuto salvare l’umanità agendo diversamente? È una domanda che ha accompagnato il cristianesimo dalle origini e che ispira anche il nostro brano.
13 Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?» 14 Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». 15 Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?» 16 Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
17 Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. 19 Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli». 20 Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo.21 Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno. 22 Pietro, trattolo da parte, cominciò a rimproverarlo, dicendo: «Dio non voglia, Signore! Questo non ti avverrà mai». 23 Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini».
24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. 26 Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l’anima sua? O che darà l’uomo in cambio dell’anima sua? 27 Perché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo l’opera sua. 28 In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbiano visto il Figlio dell’uomo venire nel suo regno».
Matteo 16, 13-28
Non c’è dubbio che questo brano costituisce il punto di svolta del vangelo. Pietro, dopo aver seguito Gesù per alcuni mesi e in risposta alla domanda di Gesù, è in grado di dire chi è quest’uomo di cui tutti parlano: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente”. Tale consapevolezza, che Gesù sia il messia atteso da Israele, è la pietra sulla quale poi il Cristo avrebbe edificato la sua chiesa. Ancora oggi queste parole costituiscono la confessione base del cristianesimo.
Confortato dal fatto che i discepoli iniziano a comprendere chi è, Gesù comincia a spiegare loro dove sta andando. Comincia, cioè ad annunciare la fine che gli aspetta a Gerusalemme: “Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno”. È la prima di tre volte in cui Gesù annuncerà gli eventi che stiamo – prima della Pasqua – per ricordare: la passione, morte e resurrezione di Cristo.
Gesù non si limita a dire che succederà questo o quell’altro ma dice che “doveva” succedere questo e quell’altro. In Luca la frase viene tradotta “Bisogna che” e in Marco “era necessario”. In tutte i tre casi, la parola in greco è sempre la stessa:” dei”. Che cosa stiamo dicendo? Ora che i discepoli danno segno di aver capito qualcosa, Gesù annuncia che “deve andare a Gerusalemme e soffrire molte cose”, che è necessario che il Figlio dell’uomo soffra molte cose”. Siamo davanti a un paradosso: la buona notizia per noi, per l’umanità e il mondo intero – che Gesù sia il Cristo – passa attraverso la brutta notizia dell’uccisione di Gesù. Ma era necessario?
Era proprio necessario che Gesù morisse? Dio non avrebbe potuto salvare l’umanità agendo diversamente? È una domanda che ha accompagnato il cristianesimo dalle origini e che ispira anche il nostro brano. Infatti, vediamo che Pietro è scandalizzato dall’idea che Gesù debba soffrire molte cose da parte degli anziani e poi essere ucciso. “Dio non voglia Signore! Questo non ti avverrà mai”. Per Pietro – e ripeto, molti di noi – è inconcepibile che Dio possa volere che Gesù morisse, che bisognava che Gesù fosse ucciso. La reazione senza mezzo termini di Gesù, “Vattene via da me Satana! Tu mi sei di scandalo. Non hai il senso delle cose di Dio ma delle cose degli uomini” mostra quanto la pietra di Pietro “Tu sei il Cristo” sia di fatto una pietra di scandalo e che proprio su questa pietra è costruita la chiesa. Non c’è chiesa senza questo scandalo.
Stamattina cerchiamo di capire che cosa significa quel “doveva”, “è necessario” e, poiché non ci sono risposte semplici a domande complesse, vorrei suggerirvi che la piccola parola dei “era necessario”, “doveva”, ha almeno tre significati.
Il primo è che la sofferenza di Gesù per mano dei capi religiosi e la sua morte per mano dei romani non era che l’esito logico della sua vita. Tant’è che dall’inizio il vangelo di Marco ci informa che l’insegnamento e l’attività di Gesù avevano suscitato dell’ostilità nei suoi confronti. Se Gesù comincia a parlare della sua morte con i suoi discepoli solo ora, a metà del suo percorso, Marco ci fa capire che quel pericolo esisteva ben prima. All’inizio del terzo capitolo leggiamo “I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui, per farlo morire” (Mc 3,6). Guarendo il giorno di sabato, insegnando con autorità, mangiando con pubblicani e peccatori Gesù da subito era riuscito a mettersi in cattiva luce presso le autorità religiose. Continuando in questa vena, le cose non potevano che peggiorare e infatti peggiorarono. E quando le folle cominciano ad osannare Gesù, anche i romani si preoccupano. Quindi, dal punto di vista umano, era più o meno inevitabile che Gesù si scontrasse con il potere religioso e politico e che questo manipolasse la folla per poter uccidere Gesù.
Vista in questa prospettiva la morte di Gesù rivela il peccato umano. “È venuto nel mondo, ma il mondo non l’ha conosciuto” dice Giovanni e in seguito Pietro lo avrebbe capito bene. Rivolgendosi alla folla dopo la resurrezione dice “Voi rinnegaste il Santo, il Giusto… e uccideste il Principe della vita che Dio ha risuscitato dai morti”.
Tuttavia, che la morte di Gesù sia la conseguenza logica di una vita che aveva fatto temere non pochi, non esaurisce il significato di quella piccola parola “dei”. Tempo dopo lo stesso Pietro comprenderà il suo secondo significato quando – sempre all’inizio degli Atti- leggiamo: “quest’uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano d’iniqui, lo uccideste” (Atti 2,23). Da questa frase stupefacente impariamo che le cose dovevano andare così a causa “del determinato consiglio e prescienza di Dio” ovvero anche se le persone che gli stavano davanti avevano ucciso Gesù questo era determinato da Dio, persino annunciato dalle scritture. Alla fine del vangelo di Luca – vi ricordate – Gesù ormai risorto dice: “queste sono le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi”. In altre parole, da questa prospettiva la terribile morte di Gesù non è un incidente della storia o lo è solo nel senso che la storia è già nelle mani di Dio. Se un solo passero non cade in terra senza che Dio lo voglia… se perfino i capelli del nostro capo sono tutti contati” (Mt10,30) sarebbe inconcepibile che la morte di Gesù non entrasse, seppur in modo a noi incomprensibile, nel disegno di un Dio che regge tutto il mondo nelle sue mani. D’altronde, quella stessa sorte era toccata tante volte ai profeti antichi. Così la morte di Gesù era necessaria perché “se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo ma se muore porta molto frutto”.
Dicendo “che doveva andare a Gerusalemme a soffrire”, Gesù comincia a preparare i discepoli per ciò che dovranno affrontare. Dovranno comprendere che l’ostilità che Gesù ha già subito aumenterà, e che alla fine avrà la meglio su di lui. Ma dovranno anche comprendere che tutto ciò, per quanto doloroso e difficile sembra, non accade senza che Dio lo sappia, e che anzi entra nei suoi disegni che andranno a buon fine. Da questa prospettiva la morte di Cristo rivela l’amore di Dio per il mondo intero.
“Era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse molte cose”, necessario perché così va il mondo respingendo tutto ciò che disturba il suo quieto vivere. “Era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse molte cose” perché rientrava nel disegno di Dio che quel mondo sta rinnovando e trasformando.
Ma c’è ancora un terzo significato. Torniamo alla scena. Pietro è la prova che piano piano i discepoli si stanno rendendo conto chi è il maestro che hanno lasciato tutto per seguire. Solo da questo momento Gesù comincia a spiegare loro il suo destino. Prima che accada tornerà altre due volte sull’argomento. Ma mentre parla con loro Gesù stesso diventa sempre più consapevole di ciò che significa. La strada che all’inizio sembrava larga e abbondante – mentre andava per tutti i villaggi della Galilea, per lui diventerà sempre più stretta e angusta.
Non sappiamo come Gesù abbia reagito a ciò che ormai sembrava sempre più inevitabile. Che avesse qualche dubbio e se lo volesse risparmiare è dimostrato nel Getsemani dove prega di poter evitare la morte annunziata. Ora, però, vorrei suggerirvi che il terzo significato di quel “è necessario” consiste nel fatto che anche Gesù si fa carico della propria vocazione, diventa consapevole dove la sua vita l’avrebbe portato. È lui che deve andare a Gerusalemme, è lui che deve subire molte cose, è lui che alla fine sarà ucciso. Certo il terzo giorno risorgerà, ma riesce fin da ora ad aggrapparsi a quella promessa, a quella speranza? Gesù dicendo che è necessario che lui soffrisse mostra di aver compreso la propria vocazione e che è pronto a seguirla fino alla morte.
Perché questo terzo aspetto è importante? Perché è precisamente ciò che alla fine, questo brano chiede a ciascuno e a ciascuna di noi. Quel “è necessario” mostra il senso della vita, non solo della vita di Gesù ma anche della nostra. Perciò il testo prosegue: “Se uno vuole venire dietro a me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce, e mi segua”. E questo non può che significare “andare a Gerusalemme e soffrire molte cose”. In questa consisteva la messianicità di Gesù, in questo consiste esser i suoi discepoli e discepole. Non è un optional. Non è facoltativo. Fa parte del percorso. “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi avrà perduto la sua vita per amore mio, la salverà”.
Quando Pietro rispondeva alla domanda di Gesù dicendo “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” non aveva capito tante cose. Non aveva capito che Gesù dovesse soffrire molte cose, che la sua morte violenta fosse inevitabile né che facesse parte del disegno divino. Soprattutto non aveva capito che la morte annunciata di Gesù lo avrebbe implicato, come discepolo di Cristo, in prima persona. La pietra sulla quale Cristo edifica la sua chiesa si rivela una vera e proprio pietra d’inciampo sulla quale ognuno e ognuna di noi può inciampare…
Dalla confessione di Pietro “Tu sei il Cristo” all’invito di Gesù: “Se uno vuole venire dietro a me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce, e mi segua” vi è una linea retta. Tale linea passa attraverso la spiegazione che Gesù cominciò a dare ai suoi discepoli “che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno”.
Con queste parole Gesù non solo comincia a spiegare a sé stesso e ai suoi discepoli il senso di ciò che lo aspettava a Gerusalemme, ma rivolge un invito a tutti coloro che, come noi, si sarebbero riuniti per ascoltare ancora una volta la storia. In altre parole, la spiegazione della Pasqua, “che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno” non riguardava solo Gesù, non riguardava solo Pietro e gli altri discepoli che erano lì in quel momento, ma riguarda anche noi. Chi vuole venire dietro a Gesù, prenda la sua croce e lo segua, perché come Gesù doveva essere ucciso e risuscitare il terzo giorno, bisogna che anche noi “perdiamo la nostra vita per poterla ritrovare”. Amen
Elizabeth Green
Cena del Signore
Abbiamo cantato Tu non temer, c’è un segno sul cammino. E il segno è proprio quello che Gesù ci lasciò nella notte in cui fu tradito. Ormai era giunto a Gerusalemme con i discepoli e con le donne che lo seguivano, ed eccoli riuniti intorno alla mensa per mangiare insieme un’ultima volta. Ormai sapevano cosa sarebbe successo da lì a poco. E così Gesù annuncia per un’ultima volta la sua morte imminente. L’annuncia con un segno, spezzando il pane e condividendo il calice, e con una parola: “Mentre mangiavano, Gesù prese del pane, e dopo aver detto la benedizione, o ruppe e lo diede ai suoi discepoli dicendo ‘Prendete, mangiate, questo è il mio corpo’ Poi preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo ‘Bevetene tutti, perché questo è il sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati”
E così, lungo il nostro cammino, noi ripetiamo quel gesto che è annuncio della morte di Gesù e promessa della sua resurrezione. Ci ricorda che seppur la vita per noi e per il nostro mondo appare tanto dura, c’è chi la guida dall’eternità. Tutti coloro che in un modo o un altro si sono messi a seguire Gesù, consapevoli che solo perdendo – come lui – la propria vita – la salveranno, sono invitati/e a partecipare alla cena che Egli ci offre.
Ti rendiamo grazie, Signore, nostro Dio, per questa comunione che ci riunisce insieme, con tutte le nostre diversità
Che sempre più numerose persone si sentano invitate a questa tavola affinché tutti e tutte siano riunite nel regno del Tuo Figlio, nel regno di giustizia, pace e amore, nei secoli dei secoli. Amen