I doni dello Spirito

10 luglio 2022

di DARIO GARAU


Innanzitutto, il dono dello spirito è simboleggiato dal dono del pane. Cioè l’amore che si dona, si distribuisce con gioia, si moltiplica. Il pane è il simbolo di ciò che è indispensabile, che nutre, che dà vita. Così lo spirito santo che è dono di Dio e del suo amore, sostiene e dà vita, rinfranca e dà la energia necessaria per affrontare le durezze dell’esistenza


Il tema religioso è seguito oggi, anche in tempi di crisi di vocazioni e, come si vede sempre più di frequente, di ridotte frequenze ai culti o alle messe cattoliche, il tema religioso dicevo è seguito da un pubblico, magari meno numeroso ma più colto ed esigente nei confronti della editoria specializzata, dei video e dei social. Questo fatto è dimostrato dal largo spazio che la stampa quotidiana o i periodici dedicano alla informazione religiosa. Infatti non esiste quotidiano o periodico che almeno una volta al giorno non dedichi un articolo a questo tipo di tematiche che hanno a che fare con la religione.   Lo prova altresi il fatto che da oltre 50 anni l’indice di ascolto della rubrica radiofonica “Ascolta Si Fa Sera “ si mantiene alto. Questo anche perché alla guida di questa trasmissione si alternano le voci di tre diverse confessioni religiose: cattolica, protestante ed ebraica.

            Che non si tratti di una moda appare evidente dalla ampiezza del fenomeno che dura da più di mezzo secolo: segno che l’argomento religioso non risponde soltanto ad una curiosità dell’intelletto, ma tocca un bisogno decisivo, profondo, primordiale dell’uomo nella sua odierna condizione esistenziale.

            E’ sintomatico che questo duraturo interesse religioso si produca in un momento in cui l’orizzonte storico (fra Covid, guerre, disastri ambientali) sembra oscurarsi di nubi minacciose e l’uomo, indaffarato e distratto nel suo continuo correre (spesso a vuoto), appaia come assalito da un senso di vaga paura della notte imminente: suggestione spirituale cui sembra rispondere, emblematicamente, proprio quel “ Ascolta si fa sera ” che dai microfoni di Radio 1 puntualmente ogni giorno alle 20 si rivolge, forse, più che alla mente, al cuore di chi ha smarrito il senso della vita ed avverte il bisogno di una voce che gli parli di nuove speranze.

            Sono voci pacate che parlano di Dio.

Fatto singolare che a parlare, di volta in volta sia un sacerdote cattolico, un pastore protestante, rabbino ebreo. L’ascoltatore della trasmissione radiofonica tende quindi a non guardare più le etichette, ma la qualità dei contenuti; non cerca terreni di scontro, ma una risposta non problematica al suo smarrimento, forse alla sua angoscia: una proposta costruttiva per il problema globale della propria esistenza, divenuta labile ed insicura.

            L’attenta sensibilità degli oratori che si succedono ai microfoni di “Ascolta si fa sera“ha dato così vita ad un semplice ma efficace esperimento di ecumenismo, questa dimensione in cui l’uomo del tempo attuale aspira ad esprimere il suo sentimento religioso e l’ansia di incontrarsi con il suo prossimo per ricostruire una unità spirituale infranta attraverso i millenni 

Il dono dello Spirito Santo non si materializza solo alla Pentecoste ma quotidianamente nelle nosre vite: esso è un dono che ci viene offerto ma che anche è ns compito di richiedere. L’Evangelo ci ha tramandato una parola di Gesù che si riferisce proprio a questo dono. Vogliamo ascoltarla? “Chi è quel padre tra voi che se il figliolo gli chiede del pane gli da una pietra? O se gli chiede un pesce gli dà invece una serpe? Oppure anche se gli chiede un uovo gli da uno scorpione? (Luca 11:11-13)

Il Pane, il Pesce e l’Uovo. Ecco i simboli estremamente semplici con i quali Gesù ci parla del dono dello spirito santo. Ma ecco, anche delle altre immagini altrettanto efficaci con le quali Gesù ci dice cosa la vita ci riserba quando la Spirito Santo è assente in noi: pietre, serpi e scorpioni.

Innanzitutto, il dono dello spirito è simboleggiato dal dono del pane. Cioè l’amore che si dona, si distribuisce con gioia, si moltiplica. Il pane è il simbolo di ciò che è indispensabile, che nutre, che dà vita. Così lo spirito santo che è dono di Dio e del suo amore, sostiene e dà vita, rinfranca e dà la energia necessaria per affrontare le durezze dell’esistenza. Ed il contrario del pane, ci dice Gesù, è la pietra. Cioè qualcosa di duro, gelido, senza palpito né vita. Qualcosa che è di inciampo proprio perché denota assenza di cuore e di amore.

Il dono dello Spirito, dice ancora Gesù, è il dono del pesce, cioè, secondo l’antico simbolismo, il dono della fede. Come il pesce è nascosto nelle acque e non si vede, eppure è la anche se le acque sono torbide e agitate, così la fede, anche se non sempre visibile alla superficie della ns vita, continua ad essere presente malgrado i marosi dell’esistenza. Il contrario del pesce è il serpente cioè, sempre secondo il linguaggio biblico, il simbolo della sottile tentazione, del dubbio che si insinua nel ns cuore e nella ns vita quando mettiamo in discussione il volere di Dio.

Infine, Gesù ci dice che il dono dello spirito santo è il dono dell’uovo, cioè della speranza. L’uovo, infatti, è simbolo della promessa. Non solo nasconde nel suo guscio la vita di domani, ma ci parla di una scorza che si romperà, di una prigione

che verrà dischiusa, di un ostacolo che sarà infranto. Ed il contrario dell’uovo è lo scorpione: l’animale che nasconde il veleno nel proprio corpo, che porta disperazione e sgomento, che produce ineluttabilmente dolore.

Pane, pesce, uovo, pietre, serpenti, scorpioni.

Si, certo è un linguaggio strano per indicare i doni dello spirito santo e per metterci in guardia dai pericoli cui va incontro la vita se lo spirito santo non ci sostiene. Ma non potrai negare, sorella o fratello, che si tratta di un linguaggio efficace ed impressivo. E così l’ho proposto a te ed a me perché ci sospinga a supplicare: O Dio, o Signore. O Padre Santo Donaci, investici del tuo Spirito Santo.

Il dono che possiamo neutralizzare, che possiamo invalidare.

Ce lo ricorda l’apostolo Paolo scrivendo alla comunità cristiana che al suo tempo si era formata in Tessalonica: era una comunità che possedeva grande fervore, che sosteneva eroicamente la persecuzione, che mostrava di saper praticare l’amore. Eppure, proprio a questa comunità l’apostolo Paolo, fra le molte esortazioni, rivolge anche questa: “non spegnete lo spirito “(1 T. 5,19).

Quanto più noi in questo ns tempo, abbiamo bisogno di una simile esortazione!

Perché il dono dello Spirito è simile ad un fuoco non solo perché arde, illumina, riscalda, ma anche perché può spegnersi. E si spegne quando questo fuoco non è alimentato, o versiamo su di esso l’acqua della ns tiepidezza, o ancora lasciamo soffiare su di esso il vento gelido del ns scetticismo.

Non occorrono colpe particolarmente gravi agli occhi degli uomini perché lo Spirito sia spento. Ce lo ricorda la parabola delle Dieci Vergini. Fu sufficiente che alcune di esse divenissero sonnacchiose perché si ritrovassero fra le mani delle lampade che non davano più luce. Infatti, è estremamente facile, che gli impulsi dello Spirito vengano neutralizzati dalla monotonia o dal vortice della ns vita quotidiana!

Ogni giorno dobbiamo curvarci verso le realtà terrene che richiedono logoranti fatiche. Vi è il problema del pane quotidiano, vi sono le ansietà per il domani, vi è l’attesa di ciò che non giunge (senza contare le gravi ansietà che hanno colpito il mondo occidentale in questi ultimi tre anni). Vi è il vuoto fattosi nel ns cuore per ciò che ci è stato tolto, o il senso della saturazione per tutto quello con cui abbiamo creduto di riempirlo. E lo Spirito si spegne!

Tentiamo giorno dopo giorno, forse anche coraggiosamente, di adempiere ai ns doveri. Ma questi doveri si riferiscono quasi sempre alla sfera materiale della vita. E lo Spirito si spegne!

Il male dilaga attorno a noi, la violenza della guerra, dei quotidiani femminicidi e   morti sul lavoro ci sgomenta, le ideologie politiche che si accavallano l’una all’altra ci lasciano delusi; e noi dopo aver deprecato o condannato, accettiamo o respingiamo passivamente. E lo spirito si spegne!

E spegniamo lo Spirito quando non sappiamo più mettere in comune col fratello la   ns fede e la ns speranza, quando non sappiamo più pregare gli uni per gli altri, quando permettiamo all’egoismo e all’orgoglio di impossessarsi del ns cuore, della ns mente e della ns anima. Lo spegniamo, spt quando Dio non è più il timone della ns vita e lasciamo che altri ne determinino la rotta.

Che il dono dello spirito, dato inizialmente alla sua piccola e povera chiesa primitiva in occasione della Pentecoste, sia un dono che non celebri solo un evento di ieri ma che sia un ravvivare un dono che ci è offerto oggi, nel presente. E questo dono è una semplice, piccola, fragile lampada che guida il ns cammino.

Non lasciamola spegnere!

Dario Garau

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