Cagliari e Sulcis Iglesiente
I miracoli di Gesù
20 febbraio 2020
di ELIZABETH GREEN
I miracoli mostrano che la realtà non è chiusa, che il presente non è la mera ripetizione del passato ma che, nel passaggio dal presente al futuro, il nuovo può succedere, le cose possono cambiare, la donna può raddrizzarsi, l’uomo nato cieco può vedere, il paralitico può alzarsi e camminare. Il germe del cambiamento non proviene da un passato che ci determina bensì dal futuro che Gesù porta con sé
18 Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi 19 e li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?». 20 Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?». 21 In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22 Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. 23 E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!».
Lc 7,18-23
Non c’è dubbio che i miracoli giocarono un ruolo fondamentale nella vita di Gesù di Nazareth. In Atti 2,22 l’apostolo Pietro lo descrive come l’“uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui”. E sono sicura che ognuna e ognuno di noi si ricorda qualche miracolo fatto da Gesù. Anzi, sono le storie che più ci colpiscono: Gesù che cammina sulle acque, Gesù che guarisce un cieco nato, Gesù che dà da mangiare a una folla enorme, Gesù che guarisce la figlia di Iairo, che fa camminare un paralitico calato giù dal tetto e via dicendo. Infatti, quando i discepoli di Giovanni Battista gli chiedono «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» Gesù, dopo aver guarito molti ammalati rispose «Andate a riferire a Giovanni quello che avete visto e udito: i ciechi ricuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, il vangelo è annunciato ai poveri. 23 Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»
Sono i miracoli che attestano che Gesù è colui che doveva venire, è attraverso i miracoli Gesù adempie le profezie di Isaia. Beato colui o colei che non si sarà scandalizzato di lui. Eppure, per noi, donne e uomini del ventunesimo secolo, i miracoli creano problemi. Ci scandalizziamo proprio grazie ai miracoli che Gesù operava. Per noi, eredi della modernità, è difficile credere che Dio intervenga così nella vita delle persone per ridare la vista ai ciechi o far camminare gli zoppi. Perché mai interverrebbe nella vita di alcuni ma non di altri, perché non pone fine alla malattia e alla sofferenza tout court? Ed è davvero possibile che Gesù abbia manipolato le leggi della natura per fare diventare l’acqua vino o per calmare un mare in tempesta? Nella nostra visione razionale del mondo c’è poco spazio di manovra per interventi di questo genere.
Eppure, i vangeli insistono, “Gesù era un profeta potente in opere e parole” (Lc 24, 19). Raccontano “come egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (Atti 10,38). I vangeli insistono, intorno a Gesù c’è la ressa, c’è chi vuole solo toccarlo per essere guarito, c’è chi è convinto che basti solo una sua parola per essere guariti. Andate a riferire a Giovanni quello che avete visto e udito: i ciechi ricuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, il vangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!» Eppure, ci scandalizziamo perché anche noi abbiamo sperato in qualche miracolo e siamo rimasti delusi.
Per scandagliare meglio la questione, vediamo il modo in cui i miracoli vengono raccontati, il loro perché – diciamo – nell’economia del vangelo. Balza subito alla vista che i miracoli pur essendo sempre miracoli, guarigioni, esorcismi o manipolazioni della natura, sono spesso anche qualcos’altro. Faccio un esempio. Luca racconta la storia di una donna curva che si presenta nella sinagoga il giorno di sabato, “Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: Donna, tu sei liberata dalla tua infermità.” Pose le mani su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio”. Il racconto, però, va avanti e passa subito alla controversia intorno alla guarigione nel giorno di sabato. Or il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato disse: Ci sono sei giorni nei quali si deve lavorare, venite dunque in quelli a farvi guarire” (13,13) In altre parole, il miracolo compiuto diventa l’occasione d’un insegnamento da parte di Gesù: “E’ permesso, in un giorno di sabato, fare del bene o fare del male?” (Mc 3,4) Alla fine, l’insegnamento diventa più importante del miracolo.
Altre volte, invece, il racconto ha due registri. Un ottimo esempio è l’uomo nato cieco. Da un lato, Giovanni narra con dovizia di dettagli il modo in cui Gesù, mettendogli del fango sugli occhi e mandandolo a lavarsi nella vasca di Siloe, ridà la vista al cieco. Nessuno dubita che l’uomo, che prima era cieco, ora veda. Dall’altro lato, però, il miracolo racconta il passaggio dall’incredulità alla fede, chi prima non capiva niente e ora comprende chi è Gesù. Infatti, per il vangelo di Giovanni i miracoli sono dei segni. Perciò la moltiplicazione dei pani è un segno che Gesù “è il profeta che deve venire nel mondo”, eppure gli stessi segni vengono fraintesi, e la gente si scandalizza di lui.
Che cosa sto dicendo? Che a volte lo stesso vangelo relativizza i miracoli facendoli diventare qualcos’altro. Rimane comunque il fatto che “Gesù andava dappertutto facendo del bene e guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo”. Che cosa significa per noi oggi? Come possiamo porci noi, figli e figlie dell’illuminismo davanti a miracoli così centrali nei vangeli? Come non scandalizzarci di Gesù? Vorrei suggerirvi quattro risposte a questa domanda.
La prima può sembrare semplicistica, persino banale. Quando Gesù risponde ai discepoli di Giovanni Battista, egli cita il profeta Isaia che annuncia che cosa accadrà quando Dio verrà, “Ecco il vostro Dio, verrà egli stesso a salvarvi, allora si apriranno gli occhi ai ciechi e via dicendo”. Gesù, quindi, fa vedere Dio in azione. E come agisce Dio? Ecco la risposta “Egli andava dappertutto facendo del bene”. Non andava dappertutto facendo del male, i suoi miracoli non danneggiavano le persone. Anzi. Nei miracoli Gesù mostra un Dio che agisce a favore dell’umano, che opera per sanare fratture e ridare integrità. I miracoli di guarigione operati da Gesù mostrano che Dio non è un essere capriccioso che si diverte a giocare con le persone ma che ha a cuore lo stare bene delle donne e degli uomini. Non viene a giudicare, bensì a salvare, a sanare, a rendere integri.
La seconda risposta è che i miracoli mostrano che la realtà non è chiusa, che il presente non è la mera ripetizione del passato ma che, nel passaggio dal presente al futuro, il nuovo può succedere, le cose possono cambiare, la donna può raddrizzarsi, l’uomo nato cieco può vedere, il paralitico può alzarsi e camminare. Il germe del cambiamento non proviene da un passato che ci determina bensì dal futuro che Gesù porta con sé. Il miracolo ci fa vedere che il mondo non è un sistema chiuso bensì aperto, e che la nostra vita non è mai condannata a ripetersi ma può sempre aprirsi al nuovo e all’inatteso.
E questo ci porta alla terza risposta. Non c’è dubbio che la potenza che opera i miracoli appartiene a Dio, anzi è proprio Dio che accredita Gesù “mediante opere potenti, prodigi e segni”, eppure è altrettanto chiaro che non c’è nessun automatismo nell’agire di Gesù. I miracoli accadono sempre all’interno di una relazione con Gesù, e laddove manca quella relazione non c’è miracolo. Anzi, qualche volta Gesù non è riuscito a fare dei miracoli. Succede a Nazaret dove tutti lo conoscevano come il falegname “il figlio di Maria e il fratello di Giacomo e Iose, di Giuda e di Simone”, conoscevano bene le sue sorelle e perciò “si scandalizzavano a causa di lui” (Mt 6,3). “Nessun profeta è disprezzato se non nella sua patria, fra i suoi parenti e a casa sua” – dice Gesù – e poi leggiamo “E non vi poté fare alcuna opera potente ad eccezione di pochi malati a cui impose le mani e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità”. Ci sono, dunque, delle circostanze poco confacenti ai miracoli, caratterizzate dal disprezzo e dallo scetticismo. Non a caso Gesù dica a coloro che hanno insistito per farsi guarire “va’, la tua fede ti ha salvato”. Pensiamo alla donna col flusso di sangue che non si è arrende ma lotta per farsi spazio nella folla, “Se riesco a toccare almeno le sue vesti sarò salva”.
Infine, se il miracolo è segno che gli eventi non sono determinati e che le cose possano cambiare allora noi possiamo sperare. Dio “è sempre più grande delle nostre timide aspettative” dice la preghiera che abbiamo detto all’inizio. Se nei miracoli vediamo un Dio che viene a salvare e ad aiutarci ad essere integre, che cambia la disperazione della donna curva in lode di gioia, allora possiamo vivere in speranza. “Quando intorno a noi un mondo crolla, Tu fai sorgere la Tua nuova creazione”, Sì, davanti alle molteplici disgrazie di cui la vita è costellata, noi possiamo sperare. “La creazione geme è in travaglio” scrive e l’apostolo Paolo, “e anche noi che abbiamo le primizie dello Spirito “gemiamo aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Poiché , siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede non è speranza; difatti, quello che uno vede perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza” (Rm 8,23s)
I miracoli, così centrali alla vita di Gesù, spesso per noi sono fonte di scandalo. Non c’è spazio nella nostra visione del mondo per uno potente in opere che va in giro a guarire gli ammalati e a cacciare demoni. Ciò nonostante, i miracoli hanno quattro cose da dirci.
1. Che Dio cerca semplicemente il nostro bene e s’impegna al nostro favore. Sì. Tante forze si dispiegano contro di noi, contro l’umanità, contro il mondo, ma “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.
2. Che la storia, non è né chiusa né predeterminata, non è una semplice ripetizione del passato ma il nuovo accade portando una svolta nella nostra vita o nel corso degli eventi.
3. Che bisogna mettere da parte lo scetticismo e il disprezzo, e disporci alla relazione. Coltivando la fede, riusciremo a vedere come Dio ancora oggi sta rinnovando il mondo.
4.Che, come la donna curva, la donna col flusso di sangue, gli amici del paralitico, il cieco mendicante che gridò in mezzo alla folla, il papà e la mamma della bambina vicina alla morte noi possiamo vivere in speranza.
I miracoli, minano alla disperazione che è sempre in agguato, ci permettono di non soccombervi.
I miracoli ci aiutano a vivere fiduciosi, e a sperare non ovviamente in “un miracolo” ma nel Dio che ancora oggi in tanti modi viene con potenza, viene a salvare, viene a ridarci nuova vita.
Elizabeth Green