Cagliari e Sulcis Iglesiente
Il giudizio secondo l’apostolo Paolo
30 gennaio 2022
di ELIZABETH GREEN
Se la chiesa, non deve operare nessun tipo di giudizio come può governarsi? Anche il consiglio o l’assemblea di chiesa quando s’incontra prende delle decisioni, questo sì, questo no. Come potremmo farlo astenendoci da ogni forma di giudizio e discernimento?
1 Si ode addirittura affermare che vi è tra di voi fornicazione, una tale fornicazione che non si trova neppure fra i pagani; al punto che uno si tiene la moglie di suo padre! 2 E voi siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio, perché colui che ha commesso quell’azione fosse tolto di mezzo a voi! 3 Quanto a me, assente di persona ma presente in spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha commesso un tale atto. 4 Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo insieme riuniti voi e lo spirito mio, con l’autorità del Signore nostro Gesù, 5 ho deciso che quel tale sia consegnato a Satana, per la rovina della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù. 6 Il vostro vanto non è una buona cosa. Non sapete che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta? 7 Purificatevi del vecchio lievito per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. 8 Celebriamo dunque la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità. 9 Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; 10 non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl’idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo; 11 ma quel che vi ho scritto è di non mischiarvi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore, un avaro, un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro; con quelli non dovete neppure mangiare. 12 Poiché, devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? 13 Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi.
20 Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me. 21 Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente.
1 Cor 5,1-13; Gal 2,20, 3-5
“Non giudicate nulla prima del tempo finché non sia venuto il Signore, il quale metterà in luce quello che è nascosto nelle tenebre e manifesterà i pensieri dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio” (1 Co r 4,5) scrive l’apostolo Paolo. In queste parole fa suo l’insegnamento della parabola del buon seme e delle zizzanie sulla quale abbiamo meditato qualche domenica fa. La parabola, vi ricordate, ci mette in guardia contro la voglia di anticipare un giudizio che appartiene solo a Dio. Sorge, però, in modo spontaneo una domanda: se la chiesa, non deve operare nessun tipo di giudizio come può governarsi? Anche il consiglio o l’assemblea di chiesa quando s’incontra prende delle decisioni, questo sì, questo no. Come potremmo farlo astenendoci da ogni forma di giudizio e discernimento?
Vediamo quindi, da una parte, che le scritture insegnano che il giudizio ultimo compete solo a Dio – quando viene il Signore metterà in luce ciò che è nascosto nelle tenebre – ma dall’altra, che nel frattempo ad occuparsi di giudizi penultimi, parziali, quelli di tutti i giorni, siamo noi. Anzi, l’apostolo Paolo che ama il paradosso, arriva addirittura ad affermare che le divisioni nella comunità sono necessarie “perché quelli che sono approvati siano riconosciuti i mezzo a noi”. (1 Cor 11,19)
La risposta di Paolo a queste domande è illuminante. Ogni volta cerca un compromesso: Sì… ma… Sì, le donne possono profetizzare nell’assemblea pubblica, ma col capo coperto. Sì, potete mangiare carne sacrificata agli idoli, ma senza dare scandalo a nessuno. Sì, potete sposarvi, ma sarebbe meglio non farlo. Sì, potete parlare in lingue, ma è meglio parlare in modo comprensibile. In una parola “tutto è lecito” ma non tutto è utile (1 Cor 10,23) Tutto è lecito ma non tutto edifica. Compito di ognuno e di ognuna e della chiesa tutta è decidere di volta in volta come regolarsi.
Tuttavia, alcune situazioni non ammettono compromessi di questo genere. Anzi, richiedono una presa di posizione chiara e netta da parte della comunità, “si ode addirittura affermare che vi è tra di voi una tale fornicazione che non si trova neppure fra i pagani, al punto che uno si tiene la moglie di suo padre”. In questo caso, la libertà del credente si è spinta decisamente troppo in là. Ciò che ci interessa, però, è il rimprovero che Paolo rivolge alla chiesa. La rimprovera di averne quasi quasi fatto un vanto “E voi siete gonfi, e non avete fatto cordoglio, perché colui che ha commesso quell’azione fosse tolto di mezzo a voi”. Eccoci, questa è una zizzania in mezzo alla chiesa che non andava tollerata. Anzi andava strappata.
“Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori” ma poi specifica “non del tutto con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari o i ladri o con gli idolatri, perché altrimenti dovresti uscire dal mondo”. No, Paolo non ha in mente il mondo, bensì la comunità di Cristo, dove non si aspetta di trovare “un fornicatore o un avaro o un idolatra, un oltraggiatore, un ubriacone, un ladro”. Notate che accanto alla sfera sessuale Paolo cita altri comportamenti disonesti o scorretti. E poi aggiunge, “Devo forse giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi”
Sembra che Paolo contraddica il messaggio della parabola. Perciò è fondamentale tenere distinti i due livelli, il giudizio definitivo e ultimo di cui parla la parabola e il giudizio parziale e penultimo che la chiesa è chiamata ad operare. Paolo dice esplicitamente che lui interviene affinché “lo spirito dell’uomo sia salvo nel giorno del Signore Gesù”. E non solo lo spirito, perché il suo intervento ha uno scopo pedagogico, quello di aiutare il fratello a cambiare vita. Infatti, nella seconda lettera l’apostolo scrive che la punizione è servita “Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza, ora dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo” (2 Cor 2,6s).
Se dalla Grecia andiamo in Asia minore, nella Turchia di oggi, troviamo un altro ordine di problemi. Se a Corinto si tendeva a esercitare un eccesso di libertà non riuscendo – come anche nel caso della Cena, per esempio, – a porne dei limiti, nella Galazia le chiese facevano l’opposto, respingevano la libertà rifugiandosi nell’osservanza della legge. Come sappiamo anche dal libro degli Atti, la tentazione di imporre l’osservanza della legge ebraica a coloro che si convertivano a Cristo dal paganesimo era viva e vegeta nel primo secolo. Ma come era intervenuto con i Corinzi così Paolo si rivolge ai Galati, opponendosi alla loro linea di condotta.
“O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, voi davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato rappresentato crocifisso?”. La libertà che avevano toccato con mano e che erano chiamati a gestire, l’avevano ricevuta, per mezzo delle opere della legge o mediante la predicazione della fede? Il messaggio di Cristo, lo avevano accolto per fede o seguendo i requisiti della legge? “Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?” Siamo davanti al problema opposto a quello di Corinto. Lì erano talmente sicuri di essere in Cristo che si vantavano della loro libertà senza preoccuparsi delle conseguenze. Così Paolo gli deve ricordare che sì, tutto è lecito, ma non tutto è utile. I credenti della Galazia, invece, erano così insicuri della propria salvezza e così diffidenti verso lo Spirito, che si erano affidati a regole e precetti: “Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni!” esclama Paolo, sconsolato.
Perché questa polemica è così importante? Non poteva Paolo lasciare i Galati liberi di osservare tutti i giorni che volevano, e di separarsi dai gentili quando mangiavano, e i maschi di farsi circoncidere? Che male facevano? Almeno non combinavano i casini (e scrivo proprio questa parola) che succedevano a Corinto. Eppure, no! La polemica di Paolo con i Galati è di fondamentale importanza. Il comportamento dei Galati annullava, rendeva vana la croce di Cristo. Che cosa dice in Gal 2,20-21?
A Corinto l’apostolo lottava contro un eccesso o abuso di libertà che aveva sfociava nel libertinismo. In Galazia lottava contro la rinuncia alla libertà in Cristo a favore del legalismo. Troviamo queste due tendenze lungo la storia del cristianesimo. E le troviamo tuttora nelle chiese, anche le chiese dell’Unione. Poi, se pensate un po’, questi due modi di porsi hanno caratterizzano anche la gestione della pandemia, nessuna regola, da una parte, troppe regole, dall’altra. In ambedue casi, però, Paolo interviene in modo deciso, invitando la chiesa a liberarsi tanto dell’immoralità quanto dal legalismo e a separarsi da chi si comporta in un certo modo. Lo fa, però, non per pronunciare giudizi ultimi ma in un percorso pedagogico verso l’integrità e la salvezza di tutti e tutte in modo che, quando viene “il Signore, il quale metterà in luce quello che è nascosto nelle tenebre e manifesterà i pensieri dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio”.
A prima vista sembra che i due casi che abbiamo considerato siano simmetrici, come se a Corinto avessero peccato per eccesso e nella Galazia per difetto. Eppure, l’apostolo li tratta in modo diverso. Pur giudicando in termini più che chiari l’abuso di libertà avvenuta a Corinto, Paolo non nega mai la libertà che si ha in Cristo. Non cerca mai di arginare la libertà con regole, leggi e precetti se non quello dell’amore per il prossimo. Lui parte dalla premessa che tutto è lecito per far comprendere ai Corinzi che non tutto, però, è utile.
Non così per i Galati, invece. Introdurre la legge come antidoto a una libertà che si ha in Cristo, libertà certamente difficile da gestire, mina il cuore del vangelo, annulla la grazia di Dio, “perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe morto inutilmente”. Se, come abbiamo visto, a Corinto dovevano perseguire sempre il compromesso, “sì… ma…”, a Galazia nessun compromesso è possibile perché ci va di mezzo il vangelo stesso. Vi è un’unica legge da seguire “Ama il tuo prossimo come te stesso”.
Giorno dopo giorno, come società, come chiese, come individui esercitiamo la nostra capacità di giudizio, nelle decisioni che prendiamo e le scelte che facciamo. Lo facciamo sapendo, come insegna la parabola del buon seme e delle zizzanie che l’ultima parola non appartiene a noi, e pregando che lo Spirito santo ci aiuti ad evitare l’abuso della libertà, da una parte, e il rigetto della libertà, dall’altra, perché, come Paolo ricorda ai Galati, “La legge è adempiuta in quest’unica parola: ama il tuo prossimo come te stesso”.
Elizabeth Green
Credo che anche noi siamo chiamati ad un giudizio della realta’ nella quale si muove la comunità’, ma il giudizio non deve essere mai senza appello, mai può’ essere un giudizio di condanna pur rimarcandone il danno che investe tutti.