La fine viene. Sermone di Elizabeth Green dell'11 luglio 2021

 

1 La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini:
2 «Figlio d’uomo, così parla il Signore, DIO,
riguardo al paese d’Israele: “La fine,
la fine viene sulle quattro estremità del paese!
3 La tua fine è imminente;
io manderò contro di te la mia ira,
ti giudicherò secondo la tua condotta,
ti farò ricadere addosso tutte le tue abominazioni.
4 Il mio occhio ti sarà addosso senza pietà,
io non avrò compassione;
ti farò ricadere addosso la tua condotta,
le tue abominazioni saranno in mezzo a te;
e voi conoscerete che io sono il SIGNORE”.
5 Così parla il Signore, DIO:
“Sventura!
ecco viene una sventura!
6 La fine viene, viene la fine! Essa si sveglia per te!
ecco viene!
7 Viene il tuo turno, o abitante del paese!
Il tempo viene, il giorno si avvicina: giorno di tumulto,
e non di grida gioiose su per i monti.

Ezechiele 7, 1-7

 

La fine viene, Il tempo viene, il giorno si avvicina, giorno di tumulto e non di grida gioiose su per i monti. La fine viene. Nel giro di sette versetti il profeta Ezechiele annuncia l’arrivo della fine per ben cinque volte. La fine viene sulle quattro estremità del paese. La tua fine è imminente.

Di quale fine sta parlando? La fine di Gerusalemme. Siamo nel sesto secolo avanti Cristo, ed Ezechiele insieme a una parte di Israele sono già stati deportati in Babilonia. Israele però non è stato del tutto smantellato, e la capitale è ancora in piedi. Non per molto però, nel 586 la città cade in mano del nemico e il tempio è saccheggiato. Ormai per noi la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor appartiene al passato ma l’annuncio del profeta: La fine viene, viene la fine per te continua a interpellarci.

Sì, perché in un modo o in un altro la fine viene anche per noi, per ognuno e ognuna di noi. Potrebbe essere la nostra fine, la nostra morte, la fine della nostra esistenza. Potrebbe essere la fine di una relazione importante nella nostra vita, la morte di una persona a noi cara, una separazione o un divorzio. Potrebbe essere un lavoro che finisce o la fine di uno stile di vita a cui siamo abituati. È una cosa certa: nel corso della nostra vita ognuno e ognuna di noi dovrà fare fronte a qualche tipo di fine. E poi verrà la fine scrive l’apostolo Paolo.

Quando Ezechiele avverte Israele che la fine si sta avvicinando, il suo scopo non è di spaventarlo, bensì di prepararlo. E poiché la fine arriva in qualche modo anche per noi, è bene prepararci. Ma, potreste dire, siamo circondati di morte, giorno dopo giorno si snocciola il numero di decessi causati dalla pandemia, guardiamo i corpi di donne e uomini annegati nel Mediterraneo, e se ciò non bastasse tv e cinema propongono morti violente di ogni tipo. Eppure, questa sovraesposizione mediatica della morte non ci attrezza per affrontare le varie fini nella nostra vita.

All’inizio di quest’ anno in Sicilia un ragazzo di 19 anni ha ucciso la sua fidanzatina di 17. Siamo inclini a pensare che il femminicidio sia un segno della forza e del potere maschili. Eppure potrebbe essere il contrario, ovvero l’incapacità di accettare la fine di una relazione, di immagazzinarla e andare avanti. Così qualcuno dice che bisogna educare i ragazzi ad accettare e farsi  carico della fine delle cose.

Fine che, come ci ricorda Ezechiele, certamente verrà. Oggi, quindi vogliamo chiederci come prepararci alla fine – che sia della nostra vita o della vita altrui, o di una relazione, di una città, di un lavoro.

Innanzitutto, rendendoci conto che esistono eventi – e la fine è uno di questi – che si affrontano unicamente da soli. Come molti e molte di voi hanno già scoperto, in ultima analisi,  davanti a una malattia, a una sconfitta, o a una perdita, si è davvero soli. Quindi, la prima cosa da fare è imparare a stare da soli, ad assaporare la solitudine. Durante il primo lockdown eravamo molto preoccupati per le persone anziane. Ma man mano che la chiusura andava avanti abbiamo compreso che erano proprio loro a reggere meglio l’isolamento forzato. Molte persone anziane erano abituate a stare da sole, ci avevano fatto le ossa e grazie a una lunga e talvolta dura esperienza di vita, avevano delle risorse interiori alle quali attingere. Tali risorse le possiamo sviluppare imparando a stare da soli.

Guardiamo Gesù. Quando lui era stressato, quando aveva bisogno di chiarirsi le idee e raccogliere le
energie, cercava luoghi isolati, lasciava tutti e si ritirava in disparte. E quando doveva affrontare la sua propria fine, fece lo stesso recandosi nel giardino del Getsemani. È vero, egli chiese il sostegno  di alcuni amici facendosi accompagnare da Pietro e dei figli di Zebedeo.

Eppure, se leggete l’episodio è chiaro da quello che fa che Gesù non rimase con loro:  sedete “qui” finché io sia “andato là” e abbia pregato.

Luca addirittura specifica la distanza che Gesù lasciò tra sé e i discepoli Egli si staccò da loro circa un tiro di sasso. Quello spazio di un tiro di sasso ha una forte valenza simbolica. Per vedersela con Dio e la sua fine imminente Gesù doveva stare da solo. Alcuni di voi avranno sicuramente accompagnato delle persone che stanno affrontando la fine di qualcosa nella loro vita, oppure la loro stessa fine. E avrete scoperto che è fondamentale dare a quelle persone quello spazio necessario in modo che si facciano carico da sole del proprio dolore e del proprio destino.

La tua fine è imminente dice Ezechiele. Ora che arriva l’estate e  i ritmi si rallentano e gli impegni diminuiscono, possiamo trovare tempo e spazio per stare da soli. Se lo facciamo scopriamo qualcosa di fondamentale per il nostro argomento. Ovvero che non si è mai soli. Anzi, la solitudine, l’esserci allontanati dalla famiglia, dagli amici, dalle attività, dai rumori e ritmi di tutti i giorni, ci rende disponibili alla presenza di Dio. Stando da soli è  più facile renderci conto che non lo siamo perché Dio ci è sempre accanto, davanti, dietro, sotto, sopra e dentro di noi. Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito? Dove fuggirò dalla tua presenza? Chiede il salmista.

Perché leggiamo l’AT? Perché esso ci mostra i tanti e svariati modi in cui Dio si fa presente nella nostra vita. In un pruno ardente mentre da soli guardiamo le pecore (Mosè). Oppure in una voce che si rivolge a noi quando nel deserto della nostra esistenza siamo disperate (Agar), in un uomo che viene misteriosamente di notte a lottare con noi (Giacobbe) o attraverso un suono dolce e sommesso in cima al monte (Elia) o persino mediante l’asina che parlò a Balaam mentre viaggiava da solo. Dio ci ha parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, dice la lettera agli Ebrei attraverso incontri fortuiti di ospiti inaspettati, attraverso le piante e le stelle in una colonna di nube e di fuoco, Ma se siamo sempre indaffarati, circondate da persone, immagini e parole Dio non riesce a farsi sentire. La solitudine è fondamentale poiché si compia la promessa di Gesù Io sono con voi, tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente. Tutto finisce, ma non la fedeltà di Dio nei nostri confronti. Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, smettere di aver pietà del frutto delle sue viscere? Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te. Solo abituandoci a stare da soli scopriamo che soli non lo siamo mai.

Torniamo al Getsemani dove Gesù si è recato per vedersela con Dio nella sua fine imminente. Abbà Padre! Ogni cosa ti è possibile, allontana da me questo calice. Però non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi. Matteo e Marco concedono ben poco sollievo alla solitudine tribolata di Cristo. Anzi forniscono un ritratto della sua fine davvero disperato. Gesù è abbandonato non solo dagli uomini ma anche da Dio. Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?

Luca, invece, offre un quadro un po’ diverso. Ci mostra un Gesù più pacificato con la sua fine Padre nelle tue mani, rimetto lo Spirito mio. Infatti, quando il terzo evangelista racconta l’episodio del Getsemani, ci dice che a Gesù era apparso un angelo dal cielo per rafforzarlo. Affrontando da solo la fine, ha scoperto che solo non lo era.

La fine viene, viene la fine per te. Il tempo viene, il giorno si avvicina, giorno di tumulto e non di grida gioiose su per i monti. Infatti, la fine è venuta per Gerusalemme che è stata distrutta. Quella Gerusalemme, costruita da Davide e resa grande da Salomone, finisce davvero. Eppure, nella seconda parte del libro di Ezechiele, Dio fa una promessa. Ecco, io vengo a voi, – dice – mi volgerò verso di voi e voi sarete coltivati e seminati, io moltiplicherò  su di voi gli uomini, tutta quanta la casa d’Israele, le città saranno abitate e le rovine saranno ricostruite (36,9). Sì, il Signore promette di far uscire Israele da tutte le nazioni, di radunarli da tutti i paesi e di ricondurlo nella sua terra. In altre parole, la fine di Gerusalemme non è che la premessa di un nuovo inizio.

Siamo arrivato al terzo punto, il “principio resurrezione”. Quel ragazzo che ha ucciso Roberta, non riusciva ad immaginare che dopo la fine della relazione con lei, avrebbe avuto un nuovo inizio, che la sua vita potesse andare avanti senza di lei, che lui potesse nascere di nuovo. C’è una frase di  Lao tze, filosofo cinese che è vissuto nello stesso secolo di Ezechiele che dice: – Quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. Il bruco subisce una metamorfosi così radicale che a lui sembra la fine, ma da quella fine nasce qualcosa di diverso e di più bello. Se sappiamo farci carico dei vari tipi di fine che costellano l’esistenza umana scopriremo che la vita ci riserva delle trasformazioni sorprendenti. Anche quando si tratta della fine ultima ovvero  la morte. Ascoltiamo le parole dell’apostolo Paolo   21 Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. 22 Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; 23 ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; 24 poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza.

Qui abbiamo due fini. La prima è quando tutti muoiono in Cristo. È la fine della nostra vita. Poi che cosa dice? Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati. Un po’ più avanti ci spiega cosa vuole dire. Il corruttibile riveste incorruttibilità e il mortale riveste immortalità. In altre parole, il bruco diventa farfalla, 3 ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; 24 poi verrà la fine. Ma quale fine?

Non la fine di una città che poi sarà ricostruita, né la fine di una civiltà che sarà rifondata ma Cristo consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre. E il libro dell’Apocalisse ci aiuta a comprendere meglio: Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi e il mare non c’era più. È la fine del mondo come ora lo conosciamo ma non la fine del progetto di Dio per l’umanità.

Che cosa sto dicendo? Che sì, verrà la fine. Come ha annunciato Ezechiele e come ha ripetuto Paolo. Ma per la prospettiva biblica la fine non è che il preludio di un nuovo inizio. Che sia la ristrutturazione di Gerusalemme, la trasformazione del nostro corpo, un nuovo cielo e la nuova terra. Avremmo preferito che il profeta non avesse detto la fine viene, viene la fine per te. Preferiremmo fare finta di niente e vivere inconsapevoli della fine che incombe. Le Scritture non ci vogliono spaventare  bensì aiutarci, in modo che di fronte alle varie fini di cui la vita è piena non ci troviamo sprovveduti. In che modo? In primo luogo, ci invitano ad andare in disparte, a

familiarizzarci con la solitudine, ad abituarci a stare da soli, ad attingere alle  nostre risorse interiori come Gesù fece lungo la sua vita e in modo particolare proprio alla sua fine nel guardino di Getsemani. In secondo luogo, ci mostrano che è proprio nei momenti di solitudine, lontano da persone e rumori che diventiamo sempre più consapevoli di Dio che ha promesso di non abbandonarci mai ma di essere sempre con noi fino alla fine. In terzo luogo, ci ricordano che la fine non è un’illusione viene e viene davvero ma nel disegno divino è il preludio a un nuovo inizio che sia in questa vita o nella vita a venire.

L’antico profeta ci ricorda ciò che abbiamo rimosso, che la fine è imminente. Oggi abbiamo scoperto che non dobbiamo averne paura ma possiamo prepararci per affrontarla in tutte le sue forme, sorrette dall’amore e dalla presenza del Cristo che è egli stesso l’alpha e l’omega, il  primo e l’ultimo, il principio e la fine. Amen.

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