Cagliari e Sulcis Iglesiente
La Legge e la sua bellezza
4 settembre 2022
di FABRIZIO OPPO
Il mondo, se potessimo vederlo come al giorno della creazione, ricomposto, formato, compiuto e bello, sarebbe il mondo dove poter essere tutti felici, dove cioè si potrebbe vivere nella pienezza che chiamiamo felicità
Il salmo 19 (e il corrispettivo e lunghissimo salmo 119) è un inno alla legge di Dio. È scritto in un’atmosfera stupefatta e piena di meraviglia e di ammirazione. Si parla di cieli e di firmamenti, dell’alternarsi delle notti e dei giorni che anche nel silenzio del loro scorrere narrano e annunciano la parola di Dio. In questo orizzonte dove risuona la parola noi stiamo e abitiamo. Siamo a casa. Ed è in questo luogo della creazione originaria, in questa atmosfera di ammirazione e d’amore che spunta la meditazione sulla legge: “La legge del Signore è perfetta, essa ristora l’anima… la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice…i precetti del Signore sono giusti, rallegrano il cuore… il comandamento del Signore è limpido, illumina gli occhi”
Osserviamo l’azione della legge attraverso i verbi usati dal salmo. La legge ristora, rallegra, illumina (Notiamo anche quell’osservazione: la legge di Dio rende saggio il semplice, cioè la legge dà un orientamento di fondo che è come un respiro- quel suono di cui parla il testo, che è trasmesso da un giorno all’altro- per cui anche chi non è molto colto o ricco di conoscenze vive, comunque, di quel respiro, respira quel suono e quell’atmosfera, ed è quindi saggio, capace di distinguere il giusto dall’ingiusto).
C’è una felicità quasi incontenibile che attraversa tutto il brano. E sembra strano perché si parla della legge. Si parla cioè di imperativi e di precetti. Eppure, il discorso non è come in genere capita quando si parla di norme e di doveri, cioè austero e minaccioso. Anzi, qui, la legge è amata con lo stesso amore e gli stessi accenti che troviamo espressi nel Cantico dei Cantici. La legge è delizia per il palato più dolce del miele.
Possiamo contrapporre due diversi modi in cui nell’esperienza della fede dei credenti si è guardato alla legge.
Per quanti di noi sono religiosamente preoccupati e inseguono un cammino di perfezione, la legge è qualcosa di impositivo, di pesante, di mortificante. La legge è un imperativo difficile, pone obiettivi lontani e irraggiungibili e perciò diventa segno e conoscenza della nostra insufficienza, della nostra mancanza, della nostra inadeguatezza e della nostra colpevolezza. Questa legge ci rivela che non siamo interi, che non siamo completi, che siamo mancanti. Che non abbiamo ancora raggiunto la forma buona e soddisfacente. Il risultato di quest’atteggiamento è la convinzione della nostra colpevolezza, la tristezza, e l’ansia per il raggiungimento di un fine lontano. In breve: sconfitta e sconforto. È secondo questa visione che, dice Paolo nella Lettera ai Romani, la legge ha portato in noi la morte.
Ma qui no, qui nel salmo 19, la legge è gioiosa, non è un inumano dovere austero e minaccioso. È felicità, compimento, saggezza. Chi pronuncia questo salmo non deve raggiungere una meta lontana, perché, come dicevamo, è già a casa. Anche l’universo, con la sua maestà, non è un oltre irraggiungibile ma è invece il luogo dove stiamo e abitiamo. È il luogo che vediamo, che c’è intorno a noi, davanti a noi. Il nostro mondo.
Si respira qui un’atmosfera di pienezza e di raggiungimento, la percezione di una forma compiuta. Quella situazione complessiva che abbiamo sempre chiamato bellezza.
C’è forse un salmo più bello del salmo 19? Dico più bello, non più profondo per l’intimità dell’anima. Ci sono certo salmi che sono più profondi perché sembrano scandagliare i moti dell’animo soggettivo, e che colpiscono il cuore perché sono grandi analisi della nostra anima interiore. Questi salmi sono più profondi. Ma il salmo 19 è bello. Perché non guarda dentro ma guarda fuori, al mondo di luce e di chiaroscuro, di giorni e di notti, di cieli e di universi, e lo fa con uno sguardo meravigliato davanti a cui tutto si raccoglie, si compone e sta bene, in una bella forma.
In questa bellezza del mondo contemplato c’è un insegnamento che non deve sembrare paradossale. Questa bellezza così mostrata è un invito ad abbandonare l’interiorità esclusiva e spirituale, il mondo di dentro, da molti privilegiato perché riguarda gli abissi della psiche, i contorcimenti dell’anima, i drammi interiori, che sono sempre interessanti, ma che molto spesso costituiscono un ingombro pesante perché inclina verso la solitaria preoccupazione per la salvezza della propria anima. E invece il salmo si volge alla contemplazione della bellezza dei corpi. Delle cose, dei cieli e degli esseri viventi che abitano il grande mondo che ci circonda.
Di questo mondo di relazioni e legami è espressione la legge. La legge di Dio, nel nostro testo è inserita in questa contemplazione del mondo, è incastonata nel mondo, è intessuta nella natura del creato. La legge, l’orientamento della nostra vita pratica, è il nostro agire in questo mondo che ci appartiene. Può realizzarsi solo in questo spazio aperto. Nel mondo che noi abbiamo fuori, davanti a noi.
Se, forse, è possibile pregare da soli, o stare in contatto mistico con Dio nella solitudine interna del nostro spirito, non è però possibile agire internamente, da soli. L’azione si fa davanti agli altri e davanti al mondo. Senza questa dimensione sociale è impossibile l’azione, ed è impossibile qualunque morale. È il mondo intero che attende e chiama la nostra azione. Perché con la nostra azione il mondo è più nobile e più bello.
È bello, infatti, e risplende della luce della creazione, il mondo dove lo straniero riceve ospitalità, dove gli affamati sono saziati e gli assetati sono ristorati. È bello e giusto, ben fatto, il mondo dove i poveri non ci sono più e dove la violenza è sconfitta, dove chi attraversa il mare giunge a destinazione in un porto amico. È bello, è giusto, è ben fatto, il mondo dove il semplice diventa sapiente e dove le barriere dell’inimicizia sono abbattute. Noi lo vediamo, noi ci accorgiamo che questo mondo è più bello, perché è più pieno, più compiuto, più realizzato, realizza meglio sé stesso.
L’importanza della bellezza si rivela nel fatto che quando il mondo è bello è anche giusto, è messo a posto nella giusta forma, si tiene bene insieme.
Tutto questo fa la legge. Ecco perché la legge deve essere amata.
Vi sarà certamente accaduto di dover riflettere su un problema che è sorto dall’inizio del cristianesimo, anche se è diventato più esplicito durante il diffondersi della riforma protestante. Un dilemma che nei tempi passati veniva vissuto drammaticamente dai cristiani dei diversi orientamenti adesso è trattato in spirito ecumenico e di amicizia, ma persiste e potrebbe costituire una difficoltà.
Si tratta del ragionamento secondo il quale siccome noi affermiamo che siamo salvi senza le opere (ed è vero) allora le opere (e quindi l’etica e la morale) non sono poi tanto importanti per noi. Se la vita eterna ci è già garantita, perché dovremmo comportarci bene e impegnarci nelle azioni di bontà e giustizia?
Sì, ed è un problema serio, perché dovremmo agire bene? Quando le cose ultime, quelle che riguardano l’eternità, sono già risolte, perché pensare alle azioni, alla morale e alla giustizia in questo mondo?
Davanti a ciò che è eterno, le azioni che appartengono a questo mondo qui e a questa nostra storia non risultano essere in qualche modo secondarie?
Non è che se diciamo che siamo salvi per grazia (e certamente lo diciamo), allora tutti i giochi sono fatti e quindi non ci preoccupiamo più delle opere e dei giorni?
Eppure, e questa è la nostra risposta, proprio perché la premessa è giusta, cioè proprio perché le opere buone e giuste non ci salvano (sicuramente incontreremo nel regno di Dio ingiusti e malvagi che condivideranno con noi la gloria), proprio perché con le opere buone non andremo in paradiso, proprio per questo l’agire bene acquista il suo straordinario valore specifico.
Infatti, una volta liberati dal pensiero della salvezza dell’anima (non è opera nostra) non siamo più preoccupati di noi stessi, della nostra vita futura al di là della morte e al di là della storia. Questo problema non è più un problema. Non ci angustiamo più. Non siamo il principale problema di noi stessi. E quindi non ci tormentiamo se per caso non abbiamo raggiunto la santità, e smettiamo di scrutarci con l’ansia di poter essere inadeguati.
La realtà è che siamo già salvi, siamo già santi. Per grazia di Dio.
Liberi quindi dai tormenti interiori abbiamo finalmente davanti a noi e intorno a noi il tempo e lo spazio per non essere più il centro dell’universo.
Possiamo finalmente pensare agli altri, possiamo pensare al mondo. A questo mondo qui. Possiamo operare per la giustizia, e agire secondo giustizia non perché vogliamo arrivare in paradiso, ma semplicemente perché è giusto. Faremo il bene perché è bene. O anche, faremo il bene perché è bello. Perché il bene ha l’attrazione di tutto ciò che è bello. Il bene è meraviglioso come il creato quando Dio vide che il creato era buono.
Ripensiamo alla struttura di questo salmo. Al centro c’è la legge, gli ordinamenti di Dio, i suoi precetti, quelli che rendono saggio il semplice, quelli che ristorano l’anima, quelli che rallegrano il cuore, quelli che illuminano i nostri occhi. E questa riflessione sulla legge, al centro del testo, è preceduta dall’ammirazione per i cieli, per i giorni e per le notti che trascorrono gli uni nelle altre e comunicano il suono della conoscenza. È solo dopo aver parlato di questo orizzonte ampio di cose e di suoni sommessi e di richiami, che si passa a parlare della legge. È come se la legge rispondesse al richiamo del mondo. Attenzione: il richiamo del mondo non il richiamo delle tristi preoccupazioni della nostra anima.
Il mondo che, se potessimo vederlo come al giorno della creazione, ricomposto, formato, compiuto e bello, sarebbe il mondo dove poter essere tutti felici, dove cioè si potrebbe vivere nella pienezza che chiamiamo felicità.
Ecco quindi come possiamo rispondere al problema: perché agiamo? perché cerchiamo il bene e la giustizia?
Per essere salvati?
No, noi non seguiamo la legge per essere salvati, non seguiamo la legge per essere santi. Noi seguiamo la legge per essere tutti, e tutti insieme, felici.
Fabrizio Oppo