Cagliari e Sulcis Iglesiente
La pace e l’amore, sorelle tranquille
27 marzo 2022
di ELIZABETH GREEN
47 Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una gran folla con spade e bastoni, da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo. 48 Colui che lo tradiva, aveva dato loro un segnale, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; prendetelo». 49 E in quell’istante, avvicinatosi a Gesù, gli disse: «Ti saluto, Rabbì!» e lo baciò. 50 Ma Gesù gli disse: «Amico, che cosa sei venuto a fare?» Allora, avvicinatisi, gli misero le mani addosso e lo presero.
51 Ed ecco, uno di quelli che erano con lui, stesa la mano, prese la spada, la sfoderò e, colpito il servo del sommo sacerdote, gli recise l’orecchio. 52 Allora Gesù gli disse: «Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada. 53 Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli? 54 Come, dunque, si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?»
55 In quel momento Gesù disse alla folla: «Voi siete usciti con spade e bastoni, come contro un brigante, per prendermi. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare e voi non mi avete preso; 56 ma tutto questo è avvenuto affinché si adempissero le Scritture dei profeti».
Allora tutti i discepoli l’abbandonarono e fuggirono
Mt 26, 47-56
L’emergenza covid stava giusto scemando quando si è presentata sui nostri schermi un’altra emergenza, l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe. A dire la verità, negli anni in cui siamo stati alle prese col covid, i conflitti armati nel mondo non hanno mai cessato, nello Yemen, tra Israele e Palestina, in Siria e ancora oggi una decina di paesi africani sono in guerra. Oggi, purtroppo, siamo costretti a riflettere di su questo argomento e per farlo, mi sembra importante sapere che fino alla fine del secondo secolo, ovvero nei cento anni dopo gli ultimi scritti che troviamo nel NT, non abbiamo notizie di soldati cristiani. Non c’è da meravigliarsi, l’apparato militare apparteneva a Roma e l’imperatore pretendeva una lealtà che i cristiani potevano dare solo a Dio. Inoltre, si riteneva che l’insegnamento di Gesù fosse abbastanza netta a proposito
Nell’episodio che abbiamo letto, Gesù dice – a colui che aveva sfoderato la spada per difenderlo, di rimetterla a posto “perché tutti quelli che prendono la spada, periranno per la spada”. Rispondere alla violenza con la violenza, afferma Gesù, può solo portare a una violenza maggiore, esattamente come abbiamo visto qualche domenica fa guardando i primi capitoli della Genesi. Il fatto che la frase “perché tutti quelli che prendono la spada, periranno per la spada” è stata aggiunta da Matteo al racconto che troviamo in Marco, è significativo. Si vede che Matteo voleva essere sicuro che avremmo compreso perché Gesù abbia obbligato il discepolo a mettere via le armi.
Inoltre, il brano offre un’altra critica all’uso della forza: “Voi siete usciti con spade e bastoni, come contro un brigante. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare e voi non mi avete preso”. In altre parole, il modo subdolo in cui Gesù viene prima tradito da uno dei suoi e poi preso da una folla di gente armata di spade e bastoni dimostra che il suo arresto accade al di fuori della legalità. Si ricorre all’uso della forza laddove le vie legali non esistono per ottenere ciò che si vuole.
Come dovevano comportarsi tutto coloro che si convertirono a Cristo in seguito alla missione di Paolo e degli altri apostoli? Negli anni successivi il vangelo viene diffuso e trasmesso da altri, tra cui Clemente di Alessandria. In uno libro scritto per aiutare i cristiani, donne e uomini, a crescere nella fede – siamo alla fine del secondo secolo – egli scrive: “Noi non veniamo preparati per la guerra bensì per la pace. La guerra richiede una grande preparazione, ma la pace e l’amore, sorelle tranquille e semplici, non hanno bisogno di armi ma sono nutrite dalla Parola.”
Il testo non è del tutto chiaro, la pace e l’amore sono le sorelle tranquille e semplici che ogni seguace di Cristo, maschi e femmine, devono sviluppare? Oppure Clemente si rivolge ai suoi lettori chiamandoli, maschi e femmine insieme, “sorelle”? Sia come sia, è interessante che in un discorso sulla guerra si introduca la questione del genere. Infatti, come si vede molto bene in questi giorni, il militarismo e la guerra implicano una certa visione del maschile, visione che il nostro episodio del vangelo mette in questione. A maggio sarà con noi Gabriele Bertin che, presentando il suo libro su Mosè, parlerà di come anche le scritture contribuiscono a creare un certo ideale di uomo.
Nel nostro caso, l’esempio più eclatante non è tanto Mosè quanto Davide, il quale viene rappresentato quasi come un eroe hollywoodiano, è di bell’aspetto, ha un successo notevole con le donne, un lato sensibile ma è soprattutto un soldato di valore, il cui coraggio e prodezze sul campo di battaglia sono ampiamente riconosciuti e celebrati dalle scritture: “Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila” (1 Sm 18,7). Secondo i racconti biblici il re Davide non sfigurerebbe in nessuna delle guerre attualmente in corso.
E ora stiamo per toccare un elemento estremamente problematico nelle scritture, non solo la glorificazione della guerra che troviamo in buona parte del primo testamento, ma anche l’uso del linguaggio della guerra da parte del NT. Già nel brano che abbiamo citato, Gesù dice “Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante dodici legioni d’angeli?” E se non avessimo capito, una nota ci spiega “la legione era un’unità dell’esercito romano costituita da 5 a 6 mila uomini”. Il pensiero è chiaro, i discepoli non devono usare la spada per difendere Gesù perché Dio, immaginato a capo d’un esercito celeste, lo avrebbe fatto lui stesso se ciò fosse stato nei suoi disegni.
Questo è un punto cruciale perché le scritture continuano ad usare simboli, immagini e metafore di guerra – anche per esprimere concetti di pace. Pensiamo, per esempio, al libro dell’Apocalisse scritto quando i Cristiani erano minacciati dalla persecuzione. Ci vuole pochissimo, però, che un linguaggio colorito ed efficace per dire la pace diventi qualcos’altro: un vero e proprio incitamento alla guerra. Al momento che l’Impero Romano adotta come religione ufficiale il cristianesimo, il pacifismo dei primi leader cristiani come Clemente di Alessandria e Tertulliano, per esempio, cede il posto a milizie armate nel nome di Cristo.
Nella frase di Clemente che ho citato, la pace e l’amore non hanno bisogno di armi né dell’allenamento di cui ha bisogno la guerra. Queste sorelle tranquille e semplici – la pace e l’amore appunto – si nutrono della Parola. In un altro scritto, Clemente parla degli strumenti musicali che vengono usati nelle guerre per incitare alla battaglia. Per i cristiani, invece, l’unico strumento che serve è la Parola di Dio con la quale suonare la pace. Clemente dice che il suon della tromba che avvisa i soldati della battaglia non è altro che il vangelo di Gesù che ci incita a rivestirci – di che cosa? Dell’armatura della pace. E qui siamo già su una china assai scivolosa.
Nella lettera agli Efesini, vi ricordate, la stessa vita cristiana viene paragonata a un combattimento “non contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti” (6,12). Vediamo come immagini di guerra vengono messi al servizio di una lotta il cui campo di battaglia non è in terra bensì in cielo. Tant’è che i vari pezzi di armatura sono aspetti dello stesso messaggio cristiano, la cintura è la verità, le calzature lo zelo per il vangelo della pace, lo scudo è la fede, l’elmo è la salvezza e via dicendo. Alla fine, veniamo esortati a prendere “anche e la spada dello Spirito che è la Parola di Dio” (6,17).
Non si tratta della spada con la quale un discepolo aveva cercato di difendere Gesù nel giardino ma della “spada dello Spirito che è la Parola di Dio” Infatti, come abbiamo sentito all’inizio del culto, il libro dell’Apocalisse apre con la visione del Cristo risorto con in bocca una spada! Dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affilata. E non abbiamo mai visto, nemmeno nei film più fantasiosi, uno che combatte con la spada in bocca! Altrove, questa strana visione viene spiegata, “La parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebr 4, 12). Ed è esattamente ciò che fa nei primi capitoli l’Apocalisse mettendo a nudo i pregi e i difetti delle sette chiese dell’Asia alle quali si rivolge.
Il vangelo si diffonde in una cultura che teneva in grande stima le qualità del guerriero, la forza, il coraggio, la disciplina, l’ubbidienza, la lealtà, e rendeva onore ai suoi eroi. L’apostolo Paolo e gli altri autori del primo secolo, immersi in questa cultura, usavano lo stesso linguaggio cercando di piegarlo allo scopo pacifico del vangelo di Cristo, colui che – come abbiamo visto – non ha fatto ricorso alla spada, preferendo subire la violenza piuttosto che infliggerla. Tuttavia, quest’uso paradossale del linguaggio della guerra per dire la pace si è mostrato, nel corso della storia, piuttosto pericolosa.
Che cosa dicono i testi che abbiamo citato? Che la spada è la Parola di Dio. Così dalla bocca del Cristo risorto esce una spada a due tagli. La lotta che conduce Cristo a favore degli uomini e delle donne non viene portata avanti con le armi, anzi Gesù dice al discepolo zelante di mettere a posto la spada. Nei capitoli seguenti, quando lui è portato davanti al Sinedrio, da Erode e da Pilato, Gesù si affida unicamente alla Parola e talvolta, al silenzio. La Parola – come vediamo dai racconti dei vangeli – può convincere o meno. La Parola ci interroga. La Parola ci interpella. La Parola ci giudica. Se scegliamo di ignorare la Parola, non ne soffriremo danni nel corpo. La Parola è l’arma non violenta per eccellenza! Non costringe, non obbliga, lascia libera la persona alla quale è rivolta. Nei vangeli Gesù procede sempre per la via del dialogo, non avendo nulla da negoziare, annuncia, offre, esorta, invita, promette.
Ed è questa la spada, l’unica spada che nei primi due secoli del cristianesimo il seguace di Cristo è autorizzato a prendere: “Prendete la spada dello spirito, che è la parola di Dio”. Una cosa è dire che la spada è la parola di Dio e un’altra affermare che la parola di Dio è la spada. Nel primo caso la parola di Dio viene paragonata a una spada, come viene paragonata a una lampada o a uno specchio. Nel secondo, invece, la Parola di Dio si trasforma in spada, e il vangelo diffuso a colpi di ascia. Solo che il vangelo di Gesù Cristo non viene diffuso così né in terra santa durante le crociate, né nelle Americhe dai soldati spagnoli, né in tutte le altre guerre combattute da paesi cosiddetti cristiani lungo la storia. Gli scrittori dei testi sacri erano convinti che lo Spirito potesse veramente trasformare la spada in parola. Duemila anni di storia, di prevaricazione e di violenza, però, ci hanno insegnato che quasi sempre accade il contrario. Che cosa scriveva Paolo ai Romani: “Il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,7)
Circa cento anni più tardi, Clemente d’Alessandria cercando di insegnare come agire da cristiano/a scrive: “Noi non siamo allenati per la guerra bensì per la pace. La guerra richiede una grande preparazione, ma la pace e l’amore, sorelle tranquille e semplici, non hanno bisogno di armi ma sono nutrite dalla Parola.” La nostra testimonianza in un mondo di guerra consiste nell’essere – uomini e donne – sorelle tranquille testimoniando della pace e dell’amore che sono nutrite dalla Parola di Dio. Amen
Elizabeth Green