Cagliari e Sulcis Iglesiente
Rassettiamo la rete!
20 marzo 2022
di ELIZABETH GREEN
Quante volte abbiamo sentito la storia di come Gesù “mentre passava lungo il mare della Galilea” vide dei pescatori “che gettavano le reti in mare” e disse loro “Seguitemi io farò di voi dei pescatori di uomini”?
16 Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. 17 Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini». 18 Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. 19 Poi, andando un po’ più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch’essi in barca rassettavano le reti; 20 e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui.
Marco 1,16-20
Quante volte abbiamo sentito la storia di come Gesù “mentre passava lungo il mare della Galilea” vide dei pescatori “che gettavano le reti in mare” e disse loro “Seguitemi io farò di voi dei pescatori di uomini”?
È uno degli episodi più conosciuti del vangelo e, in un modo o un altro viene raccontato da tutti i quattro evangelisti per aiutarci a fissarla nella memoria. È anche una scena che possiamo immaginare bene, non solo perché la pesca è una delle attività umane più antiche ma anche perché basta oggi andare a Marina piccola o a sant’Elia per vedere i pescatori che rassettano le loro reti dopo una nottata di pesca.
L’idea di Gesù è chiara, se finora avevano usato le reti per pescare pesci, da ora in poi Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni pescheranno non pesci ma persone. Così Gesù allude al compito affidato a coloro – donne e uomini – che lo seguono. Da quel piccolo nucleo di pescatori nasceranno le prime comunità cristiane. Perciò sia Luca sia Giovanni parlano di una pesca miracolosa, così abbondante che rischia di affondare le barche. Pesca, però, che viene sempre svolta con le reti che vengono lavate, rammendate, gettate e rassettate, come ci dice Marco.
Ma che cosa sono queste reti nelle quali pesci, le persone, rimarranno impigliate? Oggigiorno quando sentiamo la parola rete pensiamo subito alla rete telematica, e soprattutto all’internet, quella rete attraverso la quale fluiscono milioni e milioni di dati. In un certo senso, internet serve a metterci in relazione con i dati e con le persone ma stamattina non uso la parola in questo senso. Piuttosto lo uso secondo il significato che ha acquisito soprattutto nel movimento delle donne, proprio come una rete di relazioni. Anzi, la rete è un’immagine delle relazioni che avrebbero unito le donne le une alle altre in parole e azioni di solidarietà. E come le reti sono tessute, si parlava – e tutt’ora si parla – di tessere relazioni. Di formare, consolidare, mantenere e approfondire le relazioni – in quel caso – tra donne.
Stamattina vorrei suggerirvi che le reti che, come pescatori e pescatrici di uomini usiamo, sono appunto le relazioni, il tipo di relazione che stabiliamo gli uni con gli altri nelle comunità cristiane. In altre parole, è attraverso la qualità delle nostre relazioni che noi testimoniamo il Dio in cui diciamo di credere. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni degli altri” dice Gesù. E Tertulliano, teologo nordafricano del II secolo, immaginava che i pagani dicessero della comunità cristiana “Guardate come si amano a vicenda”. Non a caso in Atti, Luca sottolinea l’armonia che regnava nella prima chiesa di Gerusalemme.
È ovvio che noi sappiamo queste cose ma non sempre ci rendiamo conto che le relazioni, le buone relazioni, le relazioni di qualità, non semplicemente accadono. Non sono affatto automatiche ma bisogna piuttosto lavorarci, costruirle, proteggerle e averne cura. In altre parole, bisogna attivarsi positivamente per creare il tipo di relazione che attrae altri e altre diventando una vera e propria rete. Ed è allora che torniamo alla scena che viene descritta all’inizio di Marco. Che cosa stavano facendo Giacomo e Giovanni? Stavano rassettando le reti. E le relazioni, come le reti, hanno bisogno di essere rassettate.
Che cosa accade alle reti? Le stesse cose che accadono alle relazioni umane, si indeboliscono, si strappano, si attorcigliano, a volte si creano dei buchi dai quali i pesci scappano. Hanno bisogno di essere rassettate. Ed è il compito del pescatore farlo. Qualche domenica fa abbiamo parlato di quanto sia importante badare al modo in cui parliamo gli uni agli altri, gli uni degli altri, perché, dice Giacomo, “la lingua è un fuoco, un male continuo, piena di veleno mortale che non fa altro che esprimere il nostro cuore diviso”, benedicendo Dio e maledicendo gli uomini. Oggi, invece, vogliamo concentrarci sul modo in cui agiamo, ovvero che cosa facciamo o non facciamo per costruire in pratica le relazioni che in teoria ci uniscono.
Che questo sia un aspetto centrale, anzi dirimente della vita cristiana è dimostrata dalle lettere che i primi apostoli indirizzavano alle giovani chiese. Sono pieni di esortazioni, consigli, raccomandazioni su come i membri di chiesa dovevano interagire gli uni con gli altri. Vanno in due direzioni. La prima consiste nel ridimensionarci, ovvero nel non mettere sempre noi stessi al centro di tutto, come il mondo girasse intorno a noi “Dico quindi a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnato a ciascuno” scrive Paolo ai Romani (12,3). Come si vede, non si tratta di una falsa modestia, né di un non considerarsi mai adeguati abbastanza, ma di un giudizio realistico su sé stesso, sulle proprie possibilità e sui doni che Dio gli e le ha dati. Tuttavia, una volta che non siamo gonfiati dal nostro senso di importanza né paralizzati da un senso di inadeguatezza bisogna agire.
Ed è proprio qui che casca l’asino. Noi ci limitiamo a non fare il male ma non sempre ci sforziamo a fare il bene. Raramente prendiamo l’iniziativa nel cercare l’altro, nell’interessarci dell’altro. Ma che cosa dice Paolo subito dopo? “L’amore sia senza ipocrisia. Aborrite il male e attendetevi fermamente al bene. Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente” (Rm 12, 9s.) Esprime la stessa idea scrivendo ai Filippesi (2,3). Prima la parte negativa – e qui ci siamo – “Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, e qui viene la parte positiva, propositiva: “stimi gli altri superiori a sé stesso cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri”.
Certo, qui bisogna procedere con delicatezza, non vi sto invitando ad immischiarvi indebitamente negli affari altrui. Ma c’è una differenza tra disinteresse e delicatezza, tra reticenza e sensibilità. Altrove, l’apostolo Paolo esorta i membri della comunità, immaginata come un corpo, di “aver la medesimo cura le une per le altre”. Quando è l’ultima volta che avete chiesto a un vostro fratello o sorella “hai bisogno di qualcosa?”, “ti posso essere di aiuto?” Quando è l’ultima volta che avete preso il telefono e il cellulare e avete chiamato a qualcuno o a qualcuna per vedere come sta invece di chiederlo alla pastora? Quanto è l’ultima volta che avete cercato un fratello, una sorella per prendere un caffè insieme? Non basta astenersi, per quanto ci è possibile, dal male, ma bisogna impegnarci attivamente per il bene “Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente”.
Torniamo alle reti che i primi discepoli stavano riassettando. Abbiamo detto che l’episodio si trova all’inizio del vangelo. Anzi, la prima cosa che Gesù fa è chiamare dei discepoli. Vedendoli trafficare con le barche, le reti, la pesca invita loro a seguirlo, dicendo “D’ora in poi, sarete pescatori di uomini”. I discepoli, ai quali poi si aggiungeranno anche le donne, accompagneranno Gesù facendo un tipo di apprendistato. Stanno imparando a pescare! Ma non tutto è rose e fiori, spesso e volentieri non comprendono il maestro, e non poche volte non si comprendono tra di loro. Non sono affatto contenti quando Giacomo e Giovanni cercano di accaparrarsi i posti migliori nel regno, sono sospettosi quando Gesù dice che uno di loro lo avrebbe tradito, “cominciarono a domandarsi gli uni gli altri chi sarebbe mai, tra di loro, a fare questo” (Lc 22,22) e non parliamo di come fuggono o come Pietro rinnega Gesù o della sua rivalità col discepolo amato.
Così, Giovanni colloca l’episodio della pesca alla fine del suo vangelo. L’avventura dei discepoli con Gesù è finita ed è finita male. Simone Pietro decide di andare a pescare. Lui, i figli di Zebedeo e qualche altro. C’è tutto, la barca, la notte, il lago, le reti “Uscirono e salirono sulla barca, e quella notte non presero nulla” Allora una misteriosa figura che appare sulla riva dice “Figliuoli avete del pesce?” Gli risposero “No” Ed egli disse loro “Gettate la rete del lato destro della barca e ne troverete” … quella pesca, condotta alla presenza del Cristo risorto si rivela, come sapete, miracolosa. Sarà Pietro a tirare a terra la rete piena di pesci e benché ci fossero tanti la rete non si strappò”. La rete non si strappò. Perché se si fosse strappata i pesci sarebbero scappati e loro non sarebbero diventati pescatori di uomini e di donne. E se si fosse strappata, avrebbero dovuto rammendarla, rassettarla per renderla di nuovo efficace. Si vede che uscendo insieme sulla barca quella notte e lasciandosi guidare dal loro Maestro i discepoli sono riusciti a trovare quella coesione, quell’armonia, quell’aiutarsi a vicenda che ha reso possibile la loro impresa. Non a caso, subito dopo Gesù chiede a Pietro “mi ami più di questi?”
Come i primi discepoli, siamo anche noi chiamati ad essere pescatori e pescatrici non di pesci ma di persone! La rete nella quale saranno pigliate è la rete di relazioni funzionanti, sane, amorevoli di persone che s’interessano le une delle altre non – per carità – in modo invadente ma in modo discreto ma concreto, sbagliando non tanto per difetto quanto per eccesso.
Sapete come si riparano le reti? Le reti sono tessute, ma quando vengono strappate si riparano facendo dei nodi. Nella lettera ai Colossesi ((3,13s.), leggiamo “Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”. Questo ha a che fare col negativo da superare, ma poi abbiamo il positivo da effettuare “Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione”. Il vincolo ciò che ci lega gli uni agli altri è il nodo che serve per riparare le reti. Nel linguaggio del vangelo quel nodo si chiama amore. Perciò come i primi discepoli sulla riva del lago della Galilea, rassettiamo le nostre reti e diventiamo pescatori e pescatrici non di pesci ma di persone!
Elizabeth Green