Messaggio di Natale del presidente UCEBI

 

 

 

…ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro in albergo. (Luca 2:6)

Care Chiese, cari fratelli e care sorelle,

Auguro a tutte e a tutti voi un Felice Natale, benedetto nella gioia e nella pace del Signore.

Quello di oggi è il secondo Natale che la cristianità mondiale festeggia in piena emergenza sanitaria

causata dalla pandemia da Covid-19 con tutte le costrizioni, le sofferenze e le limitazioni che essa ci

impone.

La società dei consumi si è appropriata delle cosiddette “festività natalizie” per soddisfare gli

interessi e le esigenze delle multinazionali, trasformando gli esseri umani in consumatori. Un

“Natale” ovattato e contrapposto al travaglio doloroso e sofferente dell’umanità e al gemere della

creazione appartiene all’immaginario collettivo alienante, dove non c’è posto per la Buona Notizia.

Così è avvenuto fin dall’inizio, dalla schiavitù della legge alla libertà in Cristo:

Così anche noi, quando eravamo bambini, eravamo tenuti in schiavitù dagli elementi del mondo, ma

quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per

riscattare quelli ch’erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. (Galati 4:3-4)

Quando La vera luce che illumina ogni uomo [e ogni donna] stava venendo nel mondo… (Giovanni

1:9), l’Impero Romano aveva già conquistato la Siria ed era intervenuto nella guerra civile e nei

disordini politico sociali di Gerusalemme e della Palestina, dove nel 37 a.C. insediò Erode come Re

di Giudea.

E fu in quel contesto storico che Maria e Giuseppe, dopo essere stati visitati dallo Spirito del

Signore, si trovarono ad affrontare un viaggio impervio, pericoloso e minaccioso, soprattutto per il

bambino che stava per nascere. (Matteo 2:7-8, 16).

Dalla Galilea, dalla città di Nazareth, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata

Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che

era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto, ed ella diede alla luce il suo figlio

primogenito, lo fasciò e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro in

albergo. (Luca 2: 6)

Giuseppe e Maria bussano alla porta dell’albergo e chiedono all’albergatore un posto dove Maria

possa partorire. Lo fanno con la parola profetica nel cuore: Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci

è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio

potente, Padre eterno, Principe della pace… (Isaia 9:5)

Bussano alla porta, certi che il Potente “che ha guardato alla bassezza della sua serva” e che “…ha

detronizzato i potenti e ha innalzato gli umili” (Luca 1:48-52), li accompagni e li protegga con la

potenza del suo Santo Spirito. È lo stupore della fede che alla parola dell’angelo: “Non temere,

perché hai trovato grazia presso Dio”, fa rispondere a Maria: “Ecco io sono la serva del Signore; mi

sia fatto secondo la tua parola” (Luca 1:30-38). È lo stupore della fede di Giuseppe, che lo dissuade

dal pensiero di lasciare Maria per non esporla ad infamia: Non temere di prendere con te Maria, tua

moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli

porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati. (Matteo 1:20-21)

È lo stupore della fede per la gratuità del dono di amore di Dio per la salvezza del mondo e nel

contempo per la nostra indegnità a riceverlo.

È lo stupore della fede di chi non si scoraggia né si abbatte di fronte alla propria impotenza.

La porta dell’albergo rimane chiusa. Non c’è posto per loro.

Quando le porte non si aprono, non c’è neppure la possibilità di uno sguardo, la possibilità di

guardarsi negli occhi per scorgere il bisogno di chi chiede aiuto. I cuori e le menti restano chiusi.

Indifferenti.

Davanti alla porta chiusa dell’albergo, si consuma ancora oggi la drammatica e tragica sventura che

penetra nelle vite dei migranti, di coloro che a causa delle guerre, dei cambiamenti climatici, della

povertà e delle malattie, migrano per una vita dignitosa per sé e per i propri cari; degli esclusi, di

coloro che perché poveri sono scartati.

Ma la loro impotenza è accolta e protetta da Dio! I cuori di Maria e di Giuseppe, ora, nonostante

tutto, sono grandemente allietati dall’incommensurabile dono della Salvezza per tutto il mondo. Qui

lo stupore della fede trova il suo fondamento:

Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia. (Luca 2:11-12)

Cari fratelli e care sorelle, celebriamo e viviamo il Natale del Signore con lo stupore della fede,

carico di gioia, di luce e di speranza nel cuore, nonostante tutto.

Contempliamo la gloria di Dio Padre che entra nelle nostre vite e nella storia umana con l’umiltà e la tenerezza di un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia:

Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch’egli gradisce! (Luca 2:14)

Il Signore ci conceda, con la potenza del suo Santo Spirito, l’umiltà dell’ascolto della sua Parola; la

forza per incarnarla giorno dopo giorno, anno dopo anno, nella relazione d’amore con il prossimo e

nella vita comune delle nostre comunità, affinché insieme, con coraggio, camminiamo per fede nella

gioia, nella luce, nella grazia e nella verità del Vangelo.

Un santo bacio a tutti e a tutte voi!

Vostro in Cristo,

Giovanni Paolo Arcidiacono

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