Cagliari e Sulcis Iglesiente
Molte sono le membra, un corpo solo. Siamo uno in Lui
1 Io, dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, 2 con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, 3 sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. 4 Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. 5 V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, 6 un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.
7 Ma a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo. 8 Per questo è detto:
«Salito in alto,
egli ha portato con sé dei prigionieri
e ha fatto dei doni agli uomini».
11 È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, 12 per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, 13 fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; 14 affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; 15 ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. 16 Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell’amore.
Efesini 4, 1-7,11-16
Conosciamo tutti e tutte la parola chiesa. Eppure, la stessa parola può avere diversi significati a secondo chi la utilizza. Nel nostro paese, quando si parla della Chiesa si pensa automaticamente alla chiesa cattolica ma con la stessa parola si parla di comunità locali, assemblee riunite nel nome di Cristo. Quando Gesù dice “dove due o tre sono riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”, sta indicando la realtà che noi conosciamo come chiesa.
Fin da subito, quindi, vediamo che la chiesa non è né un edificio (le prime chiese si riunivano nelle case che furono messe a disposizione), né un’istituzione a sé stante fatta di leggi, ordinamenti, gerarchie e via dicendo. Senza persone che si riuniscano nel nome di Gesù non ci sarebbe la chiesa. In altre parole, possiamo dire che la chiesa siamo noi, fatta di persone che hanno accolto Gesù e la sua proposta di vita.
Nella seconda parte della lettera agli Efesini l’autore tira le somme di ciò che ha scritto nei primi capitoli. Se è per grazia che siamo salvati mediante la fede, se i popoli, giudei e greci sono accolti ugualmente nella famiglia di Dio, allora bisogna agire di conseguenza. L’esortazione dei primi versetti “a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stato rivolta” dipende direttamente dalla riconciliazione tra i popoli che Dio ha operato in Cristo.
Anche il nostro brano si divide in due. La prima parte riguarda l’unità della nuova realtà creata da Cristo. La parola chiesa non c’è ma poiché al primo capitolo si dice che Dio ha dato Cristo “per capo supremo alla chiesa che è il corpo di lui”, pensiamo che la parola corpo indichi la chiesa. Vi è, quindi, un corpo solo, una sola speranza, una sola fede e un solo battesimo. La famiglia di Dio nella quale veniamo accolti è unica, e quella unicità dipende dall’unicità di Dio confessata dal giudaismo prima e dal cristianesimo poi, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti.
Per chi ascolta queste parole dopo quasi duemila anni di storia, sembra che parlino di una meta-realtà, una realtà spirituale, se vogliamo, che possiamo chiamare la chiesa universale. Una realtà al di là di ogni singola chiesa, di ogni singola espressione del cristianesimo che è sorta nel tempo, realtà nella quale ogni chiesa è radicata e che ogni chiesa, seppur in modo parziale esprime. In questo senso l’unità della chiesa è un dato di fatto frutto di un dono già dato. Il nostro compito diventa “conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace”.
La seconda parte del brano, invece, si riferisce piuttosto alla nostra realtà terra a terra, chiesa intesa proprio come assemblea di santi riuniti in un certo luogo, “in Efeso”, “a Cagliari” e via dicendo. Scopriamo che per esprimersi, il solo Signore (che è Gesù), la sola fede, la sola speranza hanno bisogno dei doni diversi dati ad ognuno a ognuna di noi. Perciò, il brano inizia dicendo che l’unico Dio operando attraverso un unico Signore ha creato, nella potenza di un unico Spirito, un solo corpo e prosegue: MA a ciascuno e ciascuna di noi la grazia è stata data “secondo la misura del dono di Cristo”.
Questo è il primo punto. Non significa che qualcuno ha ricevuto più grazia degli altri ma, come dice Paolo altrove, che abbiamo tutti “doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa”. Quali sono questi doni? “alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori”. C’è un’unica fede ma quell’unica fede è nutrita, curata, promossa, insegnata da una pluralità di ministri. Non dobbiamo pensare a questo elenco come un elenco definitivo. Illustra il tipo di persone di cui il corpo ha bisogno. Altrove nel NT troviamo altri elenchi e oggi forse possiamo pensare ad altri ministeri. L’importante, però, è vedere che nessuno/a è escluso da un dono, nessuno è escluso dall’esercizio di qualche forma di ministero. Qual è lo scopo di questi doni? L’edificazione del corpo di Cristo. Ognuno e ognuna di noi che risponde alla chiamata di Cristo e partecipa a quella realtà spirituale evocata all’inizio contribuisce a consolidare, costruire, fare prosperare la sua forma concreta, corporea. La chiesa locale.
In secondo luogo, se pensiamo alla chiesa come persone riunite nel nome di Gesù, comunità di credenti nella quale colui o colei che crede in Cristo viene accolta, vediamo che è un qualcosa di dinamico e in crescita. Una comunità di credenti, una chiesa, non può rimanere ferma, non può mai ritenersi soddisfatta, non può mai considerarsi arrivata. Come i discepoli e le discepole è una comunità in cammino guidato da Cristo.
La chiesa, questa chiesa, quindi, non è una realtà statica bloccata a qualche fantomatica data del secolo scorso. È in continua evoluzione, “fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di umani fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo”, dice il testo. Non è poco. Si tratta di uno sviluppo integrale, olistico, che abbraccia non solo ogni membro ma anche ogni sfera della nostra esistenza. La conoscenza di cui parla non è intellettuale bensì radicata nell’ esperienza di fede. Frutto dell’azione della Parola di Dio nella nostra vita. In questo percorso di crescita, di discepolato, ognuno e ognuna di noi, e il corpo tutto ha bisogno di aiuto, supporto, sostegno, guida, conforto, sprone. Non solo, ma un’assemblea di questo genere, per sussistere nel tempo e rispondere alla propria vocazione ha bisogno di persone che svolgono tutta una serie di mansioni pratiche, di amministrazione, di contabilità, di manutenzione.
Se non avessimo delle persone che si prendono cura dalla vita sia materiale sia spirituale della chiesa, che cosa succederebbe? Succederebbe ciò che ogni tanto vediamo, ovvero che diventiamo come bambini “sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini”. Che ci perdiamo, che rimaniamo fossilizzati, che ci lasciamo distrarre, che ci scoraggiamo, che non riusciamo a stare al passo.
Arriviamo al terzo punto. Noi cresciamo insieme verso di Cristo cercando di incarnare sempre di più la sua proposta di vita. Ma la capacità e la forza di farlo provengono da Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso, trae il proprio sviluppo. Avete sentito? Il corpo si sviluppa solo se le giunture siano ben collegate e connesse le une alle altre, e solo nella misura del vigore di ogni singola parte. Se non rimango ben connessa o connesso al corpo pregiudico il funzionamento del tutto. Se una singola parte perde il suo vigore, il corpo, la chiesa, l’assemblea tutta ne risente. Perciò, le singole parti del corpo, ognuna col proprio dono si aiutano le une le altre in modo che il corpo rimanga in equilibrio e in armonia.
Tra qualche settimana si uniranno a questa assemblea, espressione parziale della meta-realtà che Dio in Cristo ha creato, dei nuovi fratelli e delle nuove sorelle. Ognuno e ognuna di loro scoprirà la grazia che gli e le è stata data secondo la misura del dono di Cristo. Impareranno a condividerla a metterla al servizio della chiesa per la sua edificazione. Ma poiché il corpo è una realtà vivente e dinamica, i nuovi membri non sono un’appendice che viene appiccicato a qualcosa di statico, anzi, sono giunture dello stesso corpo. Vengono integrati pienamente nella vita del corpo contribuendo alla sua edificazione. Come in un trapianto di fegato o di cuore l’organismo deve sapere ricevere e non rigettare l’organo, così è importante che una chiesa sappia cambiare le sue dinamiche consolidate per dare spazio a tutti e a tutte.
In altre parole, non sono chiamati a cambiare solo coloro che si integrano nel corpo ma, per rendere quella integrazione possibile, è necessario che cambino coloro che già compongono il corpo. La chiesa non è un’istituzione al di fuori di noi che esiste a prescindere da chi ne fa parte. Essa vive e cresce nella misura in cui ognuno e ognuna rimane ben collegato agli altri e nella misura del vigore di ogni singola parte. Possiamo dire che essa vive e cresce nella misura in cui sappia fare spazio ai doni di tutti e di tutte in un movimento dinamico, come in una danza.
Non possiamo che ringraziare il Signore che ci ha coinvolti in questa meravigliosa avventura e, consapevoli delle sfide che ci aspettano – vecchi e nuovi, ascoltare ancora una volta l’esortazione all’inizio di questo brano “Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della fede”.
Elizabeth Green