Nel tornare a me sarà la vostra salvezza

10 aprile 2022

dI ELIA PIOVANO


Se noi fratelli e sorelle, riusciamo a tornare e ritornare sinceramente a Dio, allora la chiesa non esprime più al mondo le sue convinzioni, le sue decisioni, ma una Parola che viene da lontano e opera nel profondo


Guai a quelli che scendono in Egitto in cerca di soccorso e s’appoggiano sui cavalli e confidano nei carri perché sono numerosi, e nei cavalieri, perché sono molto potenti, ma non guardano al Santo d’Israele, e non cercano l’Eterno.

Ma gli egiziani sono uomini e non Dio: i loro cavalli sono carne, e non Spirito; e quando stenderà la sua mano, il protettore inciamperà, il protetto cadrà, e periranno tutti insieme.

(Isaia 31, 1:3)

Poiché così aveva detto il Signore, l’Eterno, il Santo d’Israele: nel tornare a me e nel tenervi in riposo starà la vostra salvezza, nella calma e nella fiducia starà la vostra forza.

Isaia 30, 15


Il profeta ha scritto queste parole in un tempo in cui il popolo d’Israele viveva una situazione difficile, complicata, drammatica.

Siamo intorno al 700 a.C. l’esercito assiro sta per attaccare Israele, tutti sanno che gli assiri nelle pianure, con i loro carri agili e veloci sono imbattibili.

Dunque, la sconfitta è certa!

Come uscire da questa situazione?

Come evitare una sconfitta militare con tutte le conseguenze sociali, politiche, economiche e anche religiose che comporta?

Questa è la domanda che si pone la classe dirigente e il popolo di Israele.

Si esce da questa situazione con una politica estera di alleanza con l’Egitto, questa è la soluzione rapida e concreta che i governanti del tempo hanno trovato.

In altre parole, la soluzione è chiedere aiuto all’Egitto:

” In Egitto, troviamo quella forza che ci manca, lì ci sono soldi e soldati, carri e cavalli.”

Tutto bene quindi, la soluzione è stata trovata, politicamente e militarmente è ottima. La popolazione si è tranquillizzata.

Ma ecco che Isaia interviene nel dibattito pubblico, fa sentire la sua voce, una voce contro corrente che spiazza tutti, proprio quando il consenso politico è al massimo, proprio quando tutti pensano di aver scampato il pericolo assiro.

Isaia fa cadere tutte quelle certezze che la politica di alleanza con l’Egitto aveva creato.

Guai a quelli che scendono in Egitto in cerca di soccorso e s’appoggiano sui cavalli e confidano nei carri perché sono numerosi, e nei cavalieri, perché sono molto potenti, ma non guardano al Santo d’Israele, e non cercano l’Eterno.

Con queste poche parole Isaia mette a nudo tutta l’incoerenza e la poca fede di Israele.

Eppure, Israele conosce Dio, segue le sue leggi, è il popolo prediletto da Dio, ma quando si presenta un problema cosa fa? Come pensa di risolverlo?

Non chiedendo aiuto a Dio ma confidando nei carri e nei cavalli.

L’Egitto è la super potenza del tempo e Israele si affida a quegli uomini potenti che dispongono di un esercito invincibile.

La ricerca della salvezza non è riposta in Dio ma sugli uomini.

Non è che noi siamo poi tanto diversi, quante volte ci è capitato di risolvere i nostri problemi affidandoci alle persone o alle istituzioni e non abbiamo chiesto aiuto al Signore?

Tutti e tutte incontriamo nella vita momenti difficili, problemi che ci sembrano non risolvibili. Abbiamo chiesto aiuto a parenti, amici e anche alla comunità.

È normale chiedere aiuto, non c’è nulla di male a farlo, anzi non chiedere aiuto è stupido oltre che dannoso.

La questione non è chiedere o non chiedere aiuto, Isaia ci pone di fronte ad una riflessione ben più profonda sul nostro comportamento.

Possiamo nei momenti di difficoltà che la vita ci presenta, confidare nel Signore, sapendo che Lui interviene nella nostra vita,

oppure possiamo fare affidamento su persone importanti, sul conto in banca, su noi stessi, sui carri e sui cavalli come ha fatto Israele.

Questo significa escludere l’opera di Dio dalla nostra vita, significa che non crediamo alla sua forza e al suo amore.

Se confidiamo solo su noi stessi, se escludiamo Dio dalla nostra storia, dalla Storia dell’umanità, ci allontaniamo da Lui, questo è stato il peccato di Israele e può essere anche il nostro peccato.

L’avvertimento del profeta alla classe dirigente e al popolo di Israele, vale per tutti i credenti, è rivolto anche a noi.

Dio solo è la vera fonte di forza, tutto il resto conta poco, allontanarsi da Dio non ci porta lontano anzi… faremo degli errori e i nostri progetti, le nostre alleanze saranno inefficaci.

Le taglienti parole di Isaia meritano di essere meditate anche dalla chiesa del nostro tempo.

La chiesa deve far fronte a problemi e a pericoli, certo diversi da quelli affrontati da Israele, ma non meno difficili, pensiamo all’enorme problema dell’immigrazione, donne, uomini e bambini fuggono dalla povertà rischiando di morire in mare,

pensiamo alle guerre, l’Afghanistan e adesso l’Ucraina e alla tragedia che vivono queste popolazioni.

Pensiamo anche alla crisi economica, ai tanti che hanno perso il lavoro e pensiamo anche alla crisi etica e morale della classe dirigente italiana.

Pensiamo anche, sorelle e fratelli, alla grande responsabilità che abbiamo nell’annunciare l’Evangelo in modo efficace a milioni di persone che non lo intendono o lo fraintendono.

Dove prenderà la chiesa la forza vera per far fronte a tutti questi problemi, per vincere queste battaglie logoranti e difficili?

Dove prenderà la chiesa l’autorità per parlare al mondo, alla donna e all’uomo di oggi?

Le parole del profeta Isaia sconsigliano alla chiesa di cercare aiuto attraverso politiche di alleanze, cioè la chiesa non deve appoggiarsi sulle potenze di questo mondo,

e neanche cercare la sua forza dentro sé stessa, sarebbe diventare come gli egiziani che confidavano sui loro carri e sui loro soldati.

La tentazione di cercare la forza dentro noi stessi, dentro la nostra chiesa è forte.

Infatti, c’è chi è fermamente convinto che la chiesa deve essere dotata di un’autorità umanamente riconoscibile e riconosciuta, dove denaro, prestigio, gerarchia e ubbidienza devono in qualche modo rendere la chiesa competitiva con le potenze di questo mondo e la gloria di Dio deve in qualche modo rispecchiarsi nella forza che la chiesa esprime.

Per parlare al mondo la chiesa, dovrebbe essere autorevole verso l’esterno e autoritaria al suo interno.

Per altri invece, la chiesa deve potersi imporre al mondo grazie alla serietà del suo pensiero, alla sua capacità di ascolto e di dialogo.

In realtà, ogni volta che la chiesa si rivolge a sé stessa, non scopre in sé né forza, né sapienza, ma contraddizioni e peccati.

La confessione di peccato che abbiamo fatto prima, non è un rito, un segmento della liturgia, è appunto il nostro guardare a noi stessi come singoli e come chiesa, alla luce della parola del Signore e riconoscere i nostri peccati.

Nel tornare a me starà la vostra salvezza, (dice Isaia)

Infatti, la chiesa e le persone che si ravvedono possono abbandonarsi fiduciosamente alla grazia di Dio. Questa è la vera forza!

Perché l’autorità della chiesa non dipende dalle sue alleanze o dalla sua sapienza, ma dipende dalla sua capacità di ravvedimento, cioè di tornare a Cristo.

Quando questo accade, il Signore ci dà il suo Spirito e la sua forza, che certo rimane sua, ma agisce in noi e attraverso noi.

Nella calma e nella fiducia starà la vostra forza, dice Isaia

Il nostro incontro con Gesù Cristo è un incontro diretto, senza mediazioni, è un fatto privato, intimo si potrebbe dire, ma la fede che nasce da questo incontro si esprime e si concretizza nella relazione con l’altro e con l’altra, in questo la nostra fede diventa un fatto visibile, pubblico.

Nel tornare a me, nella calma e nella fiducia starà la vostra forza…

Se noi fratelli e sorelle, riusciamo a tornare e ritornare sinceramente a Dio, allora la chiesa non esprime più al mondo le sue convinzioni, le sue decisioni, ma una Parola che viene da lontano e opera nel profondo.

Una parola autorevole, perché ha prodotto il ravvedimento in quelli stessi che la trasmetto agli altri, affinché anche loro si ravvedano.

Che il Signore ci aiuti a riconoscere il nostro peccato e tornare e ritornare a Dio per essere suoi testimoni fedeli. Amen

Elia Piovano

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