Cagliari e Sulcis Iglesiente
Il Dio che diventò schiavo
Filippesi 2
3 Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, 4 cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma svuotò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sottoterra, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
Marco 10,32-45
32 Mentre erano in cammino salendo a Gerusalemme, Gesù andava davanti a loro; essi erano turbati; quelli che seguivano erano pieni di timore. Egli prese di nuovo da parte i dodici, e cominciò a dir loro le cose che stavano per accadergli: 33 «Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, 34 i quali lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l’uccideranno; ma, dopo tre giorni, egli risusciterà».
35 Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si avvicinarono a lui, dicendogli: «Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Che volete che io faccia per voi?» 37 Essi gli dissero: «Concedici di sedere uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra nella tua gloria». 38 Ma Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete voi bere il calice che io bevo, o essere battezzati del battesimo del quale io sono battezzato?» Essi gli dissero: «Sì, lo possiamo». 39 E Gesù disse loro: «Voi certo berrete il calice che io bevo e sarete battezzati del battesimo del quale io sono battezzato; 40 ma quanto al sedersi alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concederlo, ma è per quelli a cui è stato preparato». 41 I dieci, udito ciò, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42 Ma Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. 43 Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; 44 e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. 45 Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti»
Ciò che distingue il cristianesimo da fedi ad esso affini, come l’ebraismo o l’islam è la convinzione che Dio – Creatore dei cieli e della terra – si è fatto creatura, la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo tra noi. Il punto non è tanto che Dio si è fatto umano quanto il tipo di umano che Dio si fece. Gesù il Nazareno.
Che tipo di uomo era? Qual era il suo specifico? In che modo si è distinto cosicché rimanga tuttora una figura affascinante che ispira migliaia di persone alla sua sequela? A questa domanda la Lettera ai Filippesi risponde che Cristo Gesù divenne simile agli uomini prendendo forma di servo. Non è l’incarnazione in sé ad essere fonte di meraviglia bensì il fatto che Dio, divenendo simile agli umani, prese forma di servo, anzi forma di schiavo – doulos. Questa fatto straordinario, in Gesù Dio si fece schiavo – viene sottolineato da Marco: poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire.
Ma ciò non accadde di punto in bianco. Il divenire schiavo è al centro di una trama più grande, è preceduto da qualcosa e seguito da qualcos’altro. Ha un inizio e una fine. In altre parole, – al suo diventare servo – vi è prima una premessa e poi una conseguenza.
La premessa è una vera e propria condizione, senza la quale Dio non sarebbe potuto diventare schiavo. Eccola: non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso. Per prendere forma di servo Cristo ha rinunciato ai privilegi che l’essere Dio gli conferiva. Gli attributi classici di onnipotenza, di onniscienza, di ubiquità, per esempio. Il servo o meglio lo schiavo è colui – uomo o donna – che è stato totalmente privato di diritti, non può fare avvalere niente né pretendere alcunché. Spogliandosi della propria divinità, in Gesù Dio si mise completamente in mano agli uomini.
È impensabile che uno schiavo richieda o pretenda qualcosa. Una cosa del genere sarebbe del tutto fuori luogo. Esattamente come era fuori luogo la richiesta di Giacomo e Giovanni: Maestro, desideriamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo. Che cosa desideravano?
Aver posti di privilegio nel regno glorioso del Signore. I figli di Zebedeo figuravano tra i primi ad aver seguito Gesù. Forse pensavano che questa priorità temporale desse loro qualche forma di privilegio, che Gesù li avrebbe collocati uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. A questa richiesta, Gesù risponde: Voi non sapete quello che chiedete. Potete essere battezzati del battesimo del quale io sono battezzato?
Perché Gesù fa riferimento al battesimo? Perché il battesimo corrisponde alla rinuncia ad ogni privilegio. Come Gesù si è spogliato dei privilegi della divinità, colui o colei che si battezza si spoglia degli eventuali privilegi della propria umanità, privilegi di classe per esempio, o di genere, o che derivano dal livello d’istruzione, o dalle ricchezze o da qualunque altro cosa. In altre parole, nella comunità di uomini e di donne che Gesù cerca di far nascere, premi, privilegi e potere non sono distribuiti come altrove.
Lo dice chiaramente Gesù: Voi sapete che quelli che sono reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi. Ecco cosa volevano fare Giacomo e Giovanni, signoreggiare sugli altri. Tant’è che gli altri discepoli non ne sono affatto contenti e cominciano ad indignarsi con loro.
Dio si è privato dei propri diritti per dimostrare a noi come creare una comunità umana. Gesù non solo fa capire a Giacomo e Giovanni che la loro richiesta è fuori luogo, estranea alla comunità che sta creando, ma anche che lui non potrebbe soddisfarla. In altre parole, Gesù non solo mostra che la comunità di discepoli e di discepole non è il luogo dove pretendere privilegi di qualche tipo ma indica anche la strada da intraprendere. Volete diventare grandi? Vi faccio vedere come: Chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore, e chiunque tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti.
Ora vediamo quanto fosse importante che Gesù non solo abbia preso forma umana ma sia diventato servo. La prima tappa di questo percorso è il non aggrapparsi ai privilegi e alle pretese che derivano dal suo essere uguale a Dio. Infatti, Gesù dice che se non rinunciamo a tutto ciò che abbiamo e che siamo, non possiamo seguirlo sulla stessa strada. Ma diventare servo non è la fine della storia, porta con sé delle conseguenze. Il brano di Filippesi ci ricorda che Gesù una volta diventato servo umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte in croce.
La croce è una conseguenza diretta del fatto che in Gesù Dio è diventato non principe delle nazioni, ma servo, schiavo, senza privilegi e senza diritti. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati del battesimo del quale sono battezzato? Il battesimo non solo è l’atto attraverso il quale ci spogliamo di ogni privilegio che la nostra umanità potrebbe avere o desiderare, che è portato via dalle acque. Simboleggia anche la meta o conseguenze di quella rinuncia, la morte e la morte in croce. Nel battesimo – scrive l’apostolo Paolo – siamo totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua. Nel battesimo veniamo assimilati alla via di Cristo che è, come stiamo vedendo, la via della rinuncia e del servizio reciproco, via che può portare alla morte. Perciò anche in Marco il servire porta a delle conseguenze estreme, dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.
È ciò che la cena del Signore mette davanti ai nostri occhi. Che il Figlio dell’uomo non sia venuto per essere servito ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti. Collocando la cena al centro della vita comunitaria si annuncia non solo la morte del Signore finché egli venga, ma si stabilisce il servizio reciproco come regola della vita comunitaria.
Ricapitoliamo: in Cristo Dio non diventò qualsiasi umano ma prese forma di servo. Per farlo dovette spogliarsi e rinunciare a tutti i privilegi del potere divino. Così, al suo arresto avrebbe potuto pregare suo Padre che gli avrebbe mandato in quell’istante dodici legioni di angeli, ma non lo fece, e una volta crocifisso non scese giù dalla croce non salvò sé stesso. Perché? Per liberarci da noi stessi, per liberarci dalle nostre pretese, per liberarci dalle nostre bramosie di potere e per insegnarci come vivere insieme, in pace e armonia, badando – come scrive l’apostolo Paolo – ognuno non ai propri interessi ma agli interessi dell’altro.
Ora vediamo quanto fosse inopportuna la richiesta dei figli di Zebedeo. Si rivolgono a Gesù subito dopo che lui, per la terza volta, ha annunciato la sua morte imminente. Arrivati a Gerusalemme lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, “i quali lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l’uccideranno”. Gesù parla della sua morte imminente e a Giacomo e Giovanni non viene in mente niente di meglio che di assicurarsi posizioni di privilegio nel regno che verrà. Non sono capaci del minimo di empatia nei confronti del loro leader, come non riusciranno a vegliare con Gesù, né a pensare agli altri discepoli, ma solo a loro stessi, portando divisioni nel gruppo.
Da un lato, quindi, questo episodio piuttosto increscioso evidenzia ciò che Dio non vuole per l’umanità, cioè le nostre pretese e le nostre ambizioni. Anzi da queste abbiamo bisogno di essere liberati e riscattati. Dall’altro lato, dà a Gesù l’occasione d’impartire una lezione di vita comunitaria fondamentale, una regola di base. Chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore, e chiunque tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti.
I due brani che abbiamo preso in considerazione oggi s’illuminano a vicenda, e rendono palese l’assoluta novità del vangelo. Dio si fa umano, sì. Ma l’umano che Dio diventa è servo. Il suo scopo è duplice, mostrarci come vivere insieme e renderci capace di farlo. Sì, perché ambedue brani sono rivolti alle prime persone riunite nel nome di Gesù. Ai filippesi Paolo scrive Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse ma anche quello degli altri per poi parlare di come Cristo si è fatto servo. In Marco, invece, Gesù risponde alla richiesta dei fratelli con una regola chiara: Chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore, e chiunque tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. La domanda, dunque non è: Gesù o la comunità, cosa possono fare per me? Ma: come posso io servire Cristo e la comunità che porta il suo nome? Non cosa può dare Gesù e la chiesa a me, ma io cosa posso offrire a Cristo e alla chiesa? Ci vuole un cambio di prospettiva radicale e per effettuarlo, Dio ha preso forma di servo.
Rinuncia, servizio, morte, croce – la buona novella sembra piuttosto cupe, un percorso triste e deprimente. Eppure, come sapete, la croce non è la fine della storia. Gesù aveva già annunciato che sarebbe risuscitato mentre l’apostolo Paolo scrive Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli sulla terra e sottoterra e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. È importante la parola “perciò”. Il “perciò” si riferisce proprio al diventare servo di Gesù al suo spogliarsi, al suo essere ubbidiente fino alla morte. Poiché Dio in Cristo ha preso forma non di qualsiasi uomo, ma di un servo, anzi di uno schiavo, Dio lo ha sovranamente innalzato.
Avviene una vera e proprio metamorfosi. Un vero e proprio cambio di prospettiva. Lo schiavo condannato a morte viene dichiarato Signore. In questo modo scopriamo che la vera signoria e la vera sovranità non passano attraverso i privilegi desiderati e conferiti bensì attraverso il servizio gli uni degli altri. Poiché il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire. Ha dato la sua vita per riscattarci dalle dinamiche di potere in cui rimaniamo invischiati persino in chiesa. Potete essere battezzati del
battesimo del quale io sono battezzato? Sì, lo possiamo. Sì, perché usciamo dalle acque per camminare in novità di vita, assimilati non solo alla morte di Cristo ma anche alla sua resurrezione. In questo movimento risiede l’unica speranza per la nostra vita, per il nostro futuro come singoli e come chiesa. Ed è per questo che Gesù, il Dio che diventò schiavo, continua ad affascinarci e ad interpellarci oggi.
Preghiera per la Cena del Signore
Signore ti ringraziamo che il gesto che stiamo per compiere. Spezzare insieme il pane e condividere il calice ci ricorda la notte in cui fosti tradito. Esso mette davanti ai nostri occhi come non ti sei aggrappato al tuo essere uguale a Dio ma ti sei spogliato per diventare servo, anzi schiavo, umiliandoti fino alla morte in croce. E tutto ciò per riscattarci dal nostro desiderio di prevaricare e per insegnarci il servizio come regola di vita, forza, guida della comunità che vuoi far nascere.
Signore, questo percorso rimane davanti a noi come modello che continua ad interpellarci anche quando le nostre pretese e piccole ambizioni hanno la meglio su di noi. Quando – come Giacomo e Giovanni – falliamo clamorosamente. Grazie o Signore che Tu non sei venuto per essere servito ma per servire e per insegnarci a fare altrettanto. Benedici questa cena, e fa che essa sia fonte di nuova vita per ognuno e ognuna di noi e per la comunità tutta raccolta al tuo cospetto. Amen