Cagliari e Sulcis Iglesiente
Lasciate che crescano insieme
30 gennaio 2022
di ELIZABETH GREEN e STEFANO MELONI
“Lasciare che crescano insieme” è ben più difficile che tentare di strappare le zizzanie. Significa imparare a convivere, imparare ad accettare tutto ciò che dentro e fuori di noi ci pare estraneo.
“Lasciare che crescano insieme” è l’unico modo di evitare gli stermini che volentieri porteremmo avanti, i giudizi gratuiti e superficiali, le condanne, le esclusioni in nome di un ordine che è tutto nostro
(Il testo di questo sermone è stato scritto da Elizabeth Green ed è stato letto, e in qualche punto rielaborato, da Stefano Meloni)
24 Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò le zizzanie in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando l’erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparvero anche le zizzanie. 27 E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: “Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?” 28 Egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. I servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a coglierla?” 29 Ma egli rispose: “No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. 30 Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: ‘Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio'”».
36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!
Care sorelle e cari fratelli, le parole importanti di questo sermone della nostra pastora sono: ordine, caos, separazione, grano e zizzania, giudizio.
Iniziamo con una domanda:
“Come si può fare ordine in un mondo che appare talvolta confuso, caotico, a volte anche minaccioso?”
Facile pensare alla confusione determinata dalla crisi pandemica. Al caos dei contagi, dei morti, delle relazioni interrotte, della perdita di lavoro. Sorprendente pensare e renderci conto di come un conflitto tra Russia e Ucraina, conflitto politico e di potere, possa incidere sulla nostra vita quotidiana con l’aumento dei costi dell’energia elettrica e del gas. O ancora di come la crisi umanitaria del terzo mondo (Africa, Medio Oriente, estremo Oriente) generi il caos nelle nostre terre occidentali, destinazione agognata per la propria sopravvivenza.
Come fare ordine, dunque, in un mondo nel caos che diventa spesso minaccioso?
Una risposta è: cercando di separare le cose, distinguerle le une dalle altre, in modo di dare forma compiuta al caos.
Si potrebbe dire che tutti i popoli cerchino di rendere il mondo vivibile organizzandolo attraverso un processo di distinzione e di separazione. Distinzione e separazione. Il popolo di Israele non ne è un’eccezione. Anzi, nel primo capitolo del libro della Genesi Dio crea l’universo così: “Dio vide che la luce era buona, Dio separò la luce dalle tenebre”. Poi creò una distesa tra le acque e “separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa”.
Dio, quindi, operando una serie di separazioni, crea uno spazio, una struttura base per gli esseri viventi che la popoleranno. Ma anche qui si evita la confusione perché alberi, piante, pesci, uccelli, rettili e animali vari sono tutti fatti ognuno secondo la propria specie, anche loro separati e distinti gli uni dagli altri. Separazione e distinzione.
Nel racconto biblico, che conosciamo bene, tutto era molto buono finché non si produce in esso una crepa, una frattura, causata dalla violenza e dalla malvagità umane, che fa di nuovo piombare il creato nel caos del diluvio.
Caos, disordine, poi separazione e distinzione, quindi ordine e benessere.
Poi, nel racconto mitico entra la malvagità umana che fa ripiombare tutto nuovamente nel caos.
Cosa fa Dio? Proseguendo il racconto, per riportare ordine e armonia in un mondo ormai a rischio, crea un popolo tutto suo, diverso dagli altri, dai quali dovrà tenersi separato. Non a caso il capostipite del popolo, Abramo, deve separarsi dal suo paese natio, dai suoi parenti e dalla casa di suo padre per andare, insieme a Sara, nel paese che Dio gli mostrerà.
“Io sono il Signore il vostro Dio che vi ha separati dagli altri popoli”, leggiamo in Levitico 20:24, e poiché questo Dio è diverso da tutti gli altri dei, anche Israele dovrà essere diverso da tutti gli altri popoli. Due versetti dopo leggiamo, infatti: “Mi sarete santi, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli perché foste miei”.
Possiamo vedere, quindi, quanto il desiderio (o il bisogno?) di separarsi gli uni dagli altri sia fondamentale non solo per i popoli in generale – pensiamo a tutti i movimenti separatisti e indipendentisti dei nostri giorni, finanche il sentimento indipendentista del popolo sardo, o quello catalano – ma fondamentale anche e in modo particolare per il popolo dal quale nasce il cristianesimo, Israele.
Ed è proprio su questo desiderio di separazione che verte la parabola delle zizzanie e il buon seme.
La storia è chiara.
I servitori, vedendo che il campo dove il padrone aveva seminato solo buon seme è pieno di zizzanie, sono sbigottiti. Com’è possibile? “Signore non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai dunque, c’è della zizzania?” Davanti a una tale confusione, a una tale mescolanza, al caos di una raccolta minacciata, hanno un’unica reazione, cogliere subito le zizzanie.
Far tornare il campo al suo stato originario, puro e pieno di grano.
Ascoltiamo la spiegazione della parabola.
36 Allora Gesù, lasciate le turbe, tornò a casa, e i suoi discepoli gli s’accostarono, dicendo: Spiegaci la parabola delle zizzanie del campo. 37 Ed egli, rispondendo, disse loro: Colui che semina la buona semenza, è il Figliuol dell’uomo;
38 il campo è il mondo; la buona semenza sono i figliuoli del Regno; le zizzanie sono i figliuoli del maligno;
39 il nemico che le ha seminate, è il diavolo; la mietitura è la fine dell’età presente; i mietitori sono gli angeli.
40 Come dunque si raccolgono le zizzanie e si bruciano col fuoco, così avverrà alla fine dell’età presente.
41 Il Figliuol dell’uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d’iniquità, 42 e li getteranno nella fornace del fuoco. Quivi sarà il pianto e lo stridor dei denti.
43 Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, oda.
Il padrone non nega il bisogno di una separazione ulteriore e ultima. Le zizzanie non hanno niente a che spartire col buon seme. Anzi, la spiegazione della parabola che abbiamo sentito stabilisce una netta distinzione tra grano e zizzanie, gli uni sono figli del regno, gli altri figli del maligno. Le zizzanie sono l’opera di tutto ciò che si oppone al progetto del regno di Dio. “Vuoi che andiamo a coglierle?” chiedono i servitori ma il padrone rispose: “No, che talora, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme con esse il grano. 30Lasciate che ambedue crescano assieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura, io dirò ai mietitori: Cogliete prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio.
Possiamo riassumere la risposta del padrone in questo modo: Non ora, non voi. La spiegazione di Gesù ci fa capire una cosa di estrema importanza. La parabola parla di una separazione ultima, finale, definitiva. Qui abbiamo a che fare con il giudizio finale, atto che segna “la fine dell’età presente”. Questa separazione segnerà la sorte ultima delle zizzanie, da una parte, e del buon seme, dall’altra. E finché non è ancora arrivato quel momento, le zizzanie non vanno colte. Alla domanda dei servitori “Vuoi che andiamo a coglierla?”, il padrone risponde No. Non ora.
Inoltre, non saranno i servitori a separare le zizzanie dal buon grano, bensì delle creature designate specificamente per il compito, il testo li chiama angeli. “Il figlio dell’uomo manderà suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti quelli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente”. Vediamo significativamente che ad andare distrutti non sono solo i malfattori ma persino gli scandali e la malvagità stessa. “Non ci sarà più la morte, né cordoglio né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate”, dice l’Apocalisse (21,4)
Ma nel frattempo? Nel qui e ora? Qual è il messaggio per noi, oggi? Quante volte le chiese hanno disatteso l’insegnamento di questa parabola anticipando una separazione che non compete loro? Quante volte le chiese hanno consegnato alle fiamme fin troppo terrene, donne, ebrei, scienziati, omosessuali, bollandoli come streghe o eretici? E non solo le chiese, perché da poco è passata la “giornata della Memoria”, nella quale ricordiamo le vittime della Shoah da parte della Germania nazifascista.
La parabola del grano e delle zizzanie è un chiaro monito contro il desiderio umano di porre ordine in un mondo caotico e confuso operando una separazione netta, costruendo muri o chiudendo frontiere. Vale quindi la pena comprendere perché il padrone non vuole che i servitori raccolgano subito le zizzanie.
Innanzitutto, notiamo che il padrone è molto meno turbato dei servitori dalla confusione prodotta dalle zizzanie in mezzo al grano. “Lasciate che tutte e due crescano insieme fino alla mietitura”. Possono e devono convivere, evidentemente vedere un campo così variegato non crea problemi al Signore. Ciò che crea problemi, invece è che i servitori, agendo in fretta e furia, possano sbagliare. Nella loro ansia di liberare il campo dalle zizzanie potrebbero finire per sradicare anche il grano, facendo sì che una parte del buon seme se ne vada perduta.
In altre parole, i servitori potrebbero non essere in grado di distinguere bene le zizzanie dal grano. Ciò che ai loro occhi sembrano zizzanie, potrebbero di fatto essere spighe di grano. Infatti, poiché il giudizio “appartiene a Dio” (Deut 1,17) sarà il Figlio dell’uomo ad inviare degli angeli a compiere la mietitura. E questo è bene, sì, perché mentre noi esseri umani giudichiamo in base all’apparenza esterna, il colore della pelle, la forma del naso, il timbro della voce, Dio giudica dal cuore. Ripetutamente Gesù insegna a non giudicare, a non condannare le persone in base ai nostri criteri. Con la misura con la quale misuriamo saremo noi a nostra volta misurati. (Lc 6,37) Ai farisei che avevano fatto della separazione gli uni dagli altri uno stile di vita, Gesù ammoniva “i peccatori e le prostitute entreranno prima di voi nel regno dei cieli” (Mt 21,31)
Non saranno dunque i servitori a cogliere le zizzanie e le zizzanie non verranno colte subito. Perché? Perché non agire tempestivamente? Le zizzanie e il grano, in questa parabola, rappresentano delle persone, e mentre le piante difficilmente cambiano, le persone sì.
Lasciandole crescere insieme, il padrone del campo dà alla zizzania la possibilità di diventare grano. Ma dà anche al grano la possibilità di imparare da persone radicalmente diverse da lui, di sviluppare qualità come la tolleranza, il rispetto, l’amore. Infatti, le scritture non fanno altro che dare a donne e uomini la possibilità di cambiare il loro stile di vita, di rivolgere il loro sguardo e la loro vita a Dio, a diventare -per usare il linguaggio della parabola- non figli del maligno bensì figli del Regno. Finché non sia venuta la Fine dell’età presente, esiste sempre la possibilità del cambiamento. Come si legge in 2Pietro 3:9 “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento”.
Può essere che Dio viva nella speranza che quando arriveranno i suoi angeli per la mietitura non trovino più zizzanie? Bensì solo un campo di giusti che risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro?
La tendenza di fare ordine in un mondo potenzialmente confuso e caotico, distinguendo e separando, è pressoché universale. La Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini lo hanno fatto, come la Russia di Stalin, in modo terribile e feroce e tante nazioni ancora oggi procedono con le loro leggi che condannano i diversi e costruiscono i loro muri per la separazione tra ciò che considerano grano e ciò che considerano zizzanie. Il monito della parabola, però è chiaro. Non compete a noi operare separazioni e sradicamenti di questo genere, perché sarà il Signore a decidere il tempo della mietitura mandando i suoi angeli a compierla.
A noi, invece, affida un compito ben più difficile. Perché in fin dei conti, se guardiamo dentro noi stessi scopriamo che il buon seme e le zizzanie crescono insieme nel campo della nostra vita personale. Siamo tutti e tutte uno strano miscuglio di buon seme e zizzanie e strappando le une potremmo danneggiare l’altro.
“Lasciare che crescano insieme” è ben più difficile che tentare di strappare le zizzanie. Significa imparare a convivere, imparare ad accettare tutto ciò che dentro e fuori di noi ci pare estraneo.
“Lasciare che crescano insieme” è l’unico modo di evitare gli stermini che volentieri porteremmo avanti, i giudizi gratuiti e superficiali, le condanne, le esclusioni in nome di un ordine che è tutto nostro. È un esercizio di pazienza, di tolleranza, di apprendimento, di rispetto. Una possibilità che ci diamo per permettere a Dio di trasformare il nostro cuore e la nostra vita. Non siamo noi responsabili per la mietitura, bensì il Figlio dell’uomo con i suoi angeli. E la mietitura non avviene quando decidiamo noi, bensì quando il Signore della storia lo decide.
Nel frattempo, viviamo insieme e in cammino, sorretti dall’amore di Dio e annaffiati dal Suo spirito, guardando davanti a noi la strada che ci conduce verso di Lui.
Amen