Tamar, Giuda e la legge sul levirato


13 novembre 2022

di SIMONETTA ANGIOLILLO, ANNA REINA E PIERA COLOMBU


Allora ella si tolse le vesti da vedova, si coprì di un velo, se ne avvolse tutta e si mise seduta alla porta di Enaim


In quel tempo Giuda si separò dai suoi fratelli e andò a stare da un uomo di Adullam, di nome Chira. Là Giuda vide la figlia di un Cananeo di nome Sua; se la prese e si unì a lei. Ella concepì e partorì un figlio, che egli chiamò Er. Poi ella concepì di nuovo e partorì un figlio, che chiamò Onan. Partorì ancora un figlio e lo chiamò Sela. Giuda era a Chezib, quando ella lo partorì.

Giuda prese per Er, suo primo figlio, una moglie che si chiamava Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, era perverso agli occhi del Signore; e il Signore lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: “Va’ dalla moglie di tuo fratello, prenditela in moglie come cognato e suscita una discendenza a tuo fratello”. Onan, sapendo che quei discendenti non sarebbero stati suoi, quando si accostava alla moglie di suo fratello, faceva in modo di impedire il concepimento, per non dare discendenti al fratello. Ciò che egli faceva dispiacque al Signore, il quale fece morire anche lui. Allora Giuda disse a Tamar sua nuora: “Rimani vedova in casa di tuo padre, finché Sela, mio figlio, sia cresciuto”. Perché diceva: “Badiamo che anche egli non muoia come i suoi fratelli”. E Tamar se ne andò e abitò in casa di suo padre.

Passarono molti giorni e la figlia di Sua, moglie di Giuda, morì; e, dopo che Giuda si fu consolato, salì da quelli che tosavano le sue pecore a Timna; c’era con lui il suo amico Chira, l’Adullamita. Tamar ne fu informata. Le dissero: “Ecco, tuo suocero sale a Timna a tosare le sue pecore”. Allora ella si tolse le vesti da vedova, si coprì d’un velo, se ne avvolse tutta e si mise seduta alla porta di Enaim che è sulla via di Timna; infatti aveva visto che Sela era cresciuto, e tuttavia lei non gli era stata data in moglie.

Come Giuda la vide, la prese per una prostituta, perché ella aveva il viso coperto. Avvicinatosi a lei sulla via, le disse: “Lasciami venire da te!” Infatti non sapeva che quella fosse sua nuora. Lei rispose: “Che mi darai per venire da me?” Egli le disse: “Ti manderò un capretto del mio gregge.” E lei: “Mi darai un pegno finché tu me lo abbia mandato?” Ed egli: “Che pegno ti darò?” L’altra rispose: “Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano”. Egli glieli diede, andò da lei ed ella rimase incinta di lui. Allora Tamar si alzò e se ne andò; si tolse il velo e si rimise le vesti da vedova.

Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico, l’Adullamita, al fine di ritirare il pegno dalle mani di quella donna, ma egli non la trovò. Interrogò la gente del luogo, dicendo: “Dov’è quella prostituta che stava a Enaim, sulla via?” Quelli risposero: “Qui non c’è stata nessuna prostituta”. Giuda disse: “Si tenga pure il pegno e non esponiamoci agli scherni! Ecco io ho mandato questo capretto e tu non l’hai trovata”.

Circa tre mesi dopo vennero a dire a Giuda: “Tamar, tua nuora, si è prostituita e, per di più, eccola incinta in seguito alla sua prostituzione”. Giuda disse: “Portatela fuori e sia bruciata!” Mentre la portavano fuori, mandò a dire a suo suocero: “Sono incinta dell’uomo al quale appartengono queste cose.” E disse: “Riconosci, ti prego, di chi siano questo sigillo, questi cordoni e questo bastone.” Giuda li riconobbe e disse: “È più giusta di me, perché non l’ho data a mio figlio Sela”. Ed egli non ebbe più relazioni con lei.

Quando venne il tempo in cui doveva partorire, ecco che Tamar aveva in grembo due gemelli. Mentre partoriva, l’uno di essi mise fuori una mano e la levatrice la prese e vi legò un filo scarlatto, dicendo: “Questo qui esce per primo”. Ma egli ritirò la mano, e uscì suo fratello. Allora la levatrice disse: “Perché ti sei fatta questa breccia?” Per questo motivo gli fu messo nome Perez. Poi uscì suo fratello, che aveva alla mano il filo scarlatto, e fu chiamato Zerac.

Genesi, 38


Introduzione (Simonetta)

Il culto di questa domenica è dedicato al tema della violenza contro le donne. Ne parleremo Piera, Anna ed io, esaminando la storia di Tamar, una donna, una vedova che non è vittima di violenza fisica, ma nei cui confronti viene orchestrata un’azione che la mette ai margini della società 

                                                                                                                                


Chi è Tamar? (Piera)

Tamar è la nuora di Giuda fratello di Giuseppe.

Tamar ha subito molte perdite. Due mariti sono morti per volere di Dio. Giuda manda Tamar alla casa paterna ad aspettare che il terzo figlio cresca. Lei è relegata in un sistema patriarcale e la sua vita è protetta da questo sistema. Però quando si accorge che Giuda non le ha dato il terzo figlio in matrimonio, agisce per conto suo.

Si traveste con un velo, va alla porta della città e finge di essere una prostituta. Giuda la vede e vuole “fare sesso con lei” offrendole come ricompensa un capretto, ma lei in cambio vuole il sigillo, il cordone ed il bastone. In ebraico la stessa parola significa sia bastone che tribù, quindi Tamar con il bastone diventa simbolicamente il capo tribù.

Così questa donna emarginata sovverte il patriarcato per fare ciò che è giusto e continuare la linea familiare che porterà a Davide e Gesù.

Quando in seguito Tamar affronterà Giuda con il sigillo, il cordone ed il bastone lui riconoscerà che Tamar è più giusta di lui.

Anche se i suoi comportamenti non sono propriamente etici Dio si serve di Tamar per salvare se stessa, la sua famiglia, la sua gente e tutti noi.                                                                                                                                            

Legge del levirato (Simonetta)

Non possiamo capire la storia di Tamar se non conosciamo la legge del levirato, una legge che dovrebbe tutelare proprio le donne come Tamar, alle quali il sistema patriarcale non dà dignità, perché prive di marito e di figli. Così Deut. 25, 5-10 ci descrive questa legge:

       “Se due fratelli staranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà fuori, con uno straniero; suo cognato verrà da lei e se la prenderà per moglie, compiendo così verso di lei il suo dovere di cognato; e il primogenito che lei partorirà porterà il nome del fratello defunto, affinché questo nome non sia estinto in Israele.” Se il cognato rifiuta di sposarla, la donna “gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli leverà il calzare dal piede, gli sputerà in faccia e gli dirà: ‘così sarà fatto all’uomo che non vuole ricostruire la casa di suo fratello’. La casa di lui sarà chiamata in Israele ‘la casa dello scalzo'”.

Apparentemente questa legge è fatta per proteggere le donne rimaste vedove e senza figli, ma in realtà questo è vero solo se esse accettano la logica della struttura patriarcale. Altrimenti per loro non c’è spazio, non ci sono possibilità per una vita dignitosa e normale. Giuda dice a Tamar “Rimani vedova in casa di tuo padre”. E quando gli dicono che Tamar è incinta, dà ordine di ucciderla. Senza un nuovo matrimonio con un parente stretto del marito defunto, Tamar non avrebbe altra prospettiva che restare vedova a casa di suo padre. 

                                                                                                                                 


Qualche considerazione  (Anna)

Tamar, una cananea, una straniera. La stirpe regale d’Israele, la casa di Giuda, da cui dovrà nascere il Messia ha origine dall’unione di un uomo e una donna appartenenti a popolazioni diverse, da un ebreo e da una cananea. I cananei abitavano il paese prima degli israeliti. La storia di questa donna cananea simboleggia il momento dell’incontro, dell’unione e della fusione tra genti diverse. Dal loro incontro nascerà un popolo nuovo, più universale.

Data in sposa una, due volte e poi rimandata alla sua famiglia d’origine, in attesa della maturità del terzo figlio di Giuda. Tutto decide il patriarca, l’uomo, niente lei, Tamar, può dire o fare. Sembra una situazione senza via d’uscita, ma una volta venuta a conoscenza che Giuda è vicino alla sua casa ed è diventato vedovo, Tamar non perde tempo, non perde tempo in parole, pensa e decide di agire, questa sarà la sua salvezza, la salvezza della casa di Giuda e come vedremo, di Giuda stesso.

È grembo spazioso per la vita. Nessuna etichetta la può contenere. Anche se le si mette addosso l’etichetta di prostituta, è fonte di vita, di amore. Tamar incarna un amore che non conosce frontiere. Come donna è costretta ad usare i mezzi e le arti a lei concesse, come abbiamo visto, mezzi e arti che la renderanno madre di due gemelli, di cui uno, Perez, la breccia, assicurerà la discendenza di Gesù.

Genesi sta dalla parte di Tamar facendoci riflettere su come in questo caso una prudenza eccessiva da parte della donna sarebbe stata sbagliata ed invece la sua grave trasgressione è stata salvifica e non solo per lei, ma anche nei confronti del patriarca che definisce la nuora “più giusta di lui” e della stirpe di Giuda che grazie al suo gesto viene assicurata.

In Genesi vengono capovolti gli ordini e le gerarchie umane. Ecco, quindi, che il “non ruolo della donna”, il suo silenzio, il suo agire senza clamore, velata, apparentemente stravolgendo l’ordine costituito, col coraggio della disperazione, ma la consapevolezza di essere nel giusto, tutto questo fa ordine secondo il volere di Dio, che opera attraverso di lei e ci permette di affermare quanto è grande la grazia di Dio che trionfa gloriosamente sul peccato dell’uomo per compiere i disegni del suo amore e della sua misericordia.                                                                                                                                                                                                                                     

Conclusione (Simonetta)

Il nome di Tamar è presente nella genealogia di Gesù insieme a quelli di Rut, Raab, Betsabea, e poi Maria: sono loro le donne citate da Matteo 1, 1-17 tra gli antenati di Gesù e, tranne Maria, sono tutte appartenenti alla categoria degli ultimi. Tamar che, vedova senza figli, si prostituisce per farsi sposare da Giuda; Raab, la prostituta che a Gerico nasconde gli esploratori di Giosuè; Betsabea, la donna per la quale Davide si macchia di un omicidio e Rut, vedova, straniera, addirittura appartenente a un popolo, quello dei Moabiti, non ammesso alla assemblea dei fedeli. Donne in qualche modo emarginate, ma tutte antenate di Gesù.

Con queste storie le Scritture ci mostrano come spesso i piani del Signore siano più facilmente compresi e perseguiti dagli ultimi e dalle ultime, dagli emarginati, piuttosto che da chi è perfettamente inserito nella società; ci mostrano come Dio si serva di queste persone per realizzare i propri piani. Questa considerazione deve spingerci come singoli e come chiese ad avere sempre la massima attenzione per le ultime e per gli ultimi.

Nel Nuovo Testamento noi conosciamo un’altra donna straniera, emarginata, di dubbia moralità che diventa strumento della volontà divina. Mi riferisco alla Samaritana che incontra Gesù al pozzo (Giov. 4, 1-42): appartiene a un popolo inviso agli ebrei, ha avuto sei mariti e quindi è motivo di scandalo per la moralità corrente. Eppure, è a lei che Gesù dichiara “Sono io il Messia, io che ti parlo”. Tutte queste donne sono indispensabili per l’attuazione dei piani di Dio: a Tamar, Raab, Rut e Betsabea è dato di entrare nella genealogia di Gesù, permettendone dunque la nascita; alla Samaritana Gesù si rivela come Messia, rendendola sua testimone.

La storia di Tamar, come anche quella di Rut sulla quale ricorderete che abbiamo meditato alcune settimane fa, si differenzia dal resto della Scrittura perché in essa non appaiono interventi divini: Tamar, da sola, agisce con decisione e con astuzia per raggiungere il proprio scopo. E Giuda la definisce “giusta”: “È più giusta di me perché non l’ho data a mio figlio Sela”. Giuda, infatti, per proteggere l’ultimo figlio, aveva trasgredito la legge del levirato, mentre Tamar con la sua ribellione assicura a Giuda una discendenza che porterà a Davide e a Gesù. La mancanza di riferimenti a Dio in questo libro ci ricorda che la fede in lui, nella sua azione nella storia, non elimina le nostre responsabilità nella società in cui viviamo, perché, dice Bonhöffer, “Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come uomini capaci di far fronte alla vita senza Dio…” e Tamar, come Rut, vive proprio come se Dio non esistesse, non resta in attesa di un intervento divino, prende l’iniziativa anche assumendo dei rischi. E così si fa strumento della volontà divina. 

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Un commento

  1. Grazie sorelle.
    Il filo che lega l’agire delle donne in questa storia e’ guidato dallo Spirito di Dio la cui parola non torna a Lui se non dopo aver compiuto ciò per cui e’ stata mandata.
    Soltanto cosi’ posso intendere come sia stato possibile, diversamente a saggezza umana sarebbe andata diversamente.
    Un caro saluto.

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