Un futuro e una speranza

Culto inspirato alla Giornata Mondiale di Preghiera a cura delle donne dell’ Inghilterra, del Galles e dell’Irlanda del Nord

6 marzo 2022

di ELIZABETH GREEN

Dio dice all’Israele in esilio di coltivare degli orti e mangiarne dei frutti. In altre parole, di seminare i semi del domani.  Questo vuole dire che noi i semi di una vita diversa per noi stessi e gli altri li abbiamo! Se no, come potrebbe lo Spirito produrre i suoi frutti in noi?

1 Queste sono le parole della lettera che il profeta Geremia mandò da Gerusalemme al residuo degli anziani esiliati, ai sacerdoti, ai profeti e a tutto il popolo che Nabucodonosor aveva deportato da Gerusalemme a Babilonia, 2 dopo che il re Ieconia, la regina, gli eunuchi, i prìncipi di Giuda e di Gerusalemme, i falegnami e i fabbri furono usciti da Gerusalemme. 3 La lettera fu portata per mano di Elasa, figlio di Safan, e di Ghemaria, figlio di Chilchia, che Sedechia, re di Giuda, mandava a Babilonia da Nabucodonosor, re di Babilonia. Essa diceva:
4 «Così parla il SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele, a tutti i deportati che io ho fatto condurre da Gerusalemme a Babilonia: 5 “Costruite case e abitatele; piantate giardini e mangiatene il frutto; 6 prendete mogli e generate figli e figlie; prendete mogli per i vostri figli, date marito alle vostre figlie perché facciano figli e figlie; moltiplicate là dove siete, e non diminuite. 7 Cercate il bene della città dove io vi ho fatti deportare, e pregate il SIGNORE per essa; poiché dal bene di questa dipende il vostro bene”.
8 Infatti così dice il SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele: “I vostri profeti, che sono in mezzo a voi, e i vostri indovini non v’ingannino, e non date retta ai sogni che fate. 9 Poiché quelli vi profetizzano falsamente nel mio nome; io non li ho mandati”, dice il SIGNORE. 10 Poiché così parla il SIGNORE: “Quando settant’anni saranno compiuti per Babilonia, io vi visiterò e manderò a effetto per voi la mia buona parola facendovi tornare in questo luogo. 11 Infatti io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza. 12 Voi m’invocherete, verrete a pregarmi e io vi esaudirò. 13 Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; 14 io mi lascerò trovare da voi”, dice il SIGNORE. “Vi farò tornare dalla vostra prigionia; vi raccoglierò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho cacciati”, dice il SIGNORE; “vi ricondurrò nel luogo da cui vi ho fatti deportare”.

Geremia 29, 1-14


Il profeta Geremia visse circa 600 anni prima della nascita di Cristo, in un momento di grande crisi politica. Il Regno meridionale di Giuda era stato invaso dai Babilonesi e molti dei suoi abitanti erano stati portati in esilio da Gerusalemme. Le persone avevano perso la terra che credevano che Dio avesse dato loro e desideravano tornare, ma il futuro sembrava cupo. Il nostro brano fa parte di una lettera di Geremia, che espone i piani di Dio per gli esiliati: devono rimanere dove sono e farsi una nuova vita in questa terra straniera.

Il popolo al tempo di Geremia si è ritrovato in un posto in cui non voleva essere: lontano dalla madrepatria e allontanato dalla propria cultura, dalla propria religione e dalle proprie case. Ci sono molte persone che si sono stabilite anche nel nostro paese dopo essere scappate dalla loro madrepatria e cultura e molti e molte hanno lasciato anche la Sardegna per cercarsi una vita diversa e migliore. Non passa giorno che sentiamo di popoli in cammino scappando dalla guerra, dalla violenza e dalla povertà. Ognuno e ognuna con una storia diversa spesso caratterizzate dalla povertà, dalla paura, dalla solitudine. Sappiamo che buona parte della sofferenza che i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo affrontano è il risultato del passato coloniale dell’Europa. Noi lo riconosciamo e siamo amareggiati del fatto che spes so scegliamo di mettere i nostri interessi prima del benessere altrui. La seguente preghiera ci aiuta a riconoscere e confessare il nostro peccato

Ci sono dei giorni, Signor, mio Dio In cui accogliere l’altro,
va al di là delle mie forze,
a causa della mia fierezza, del mio orgoglio, della mia debolezza.
Ci sono dei giorni, mio Dio, in cui rispettare l’altro, mi sembra impossibile,
a causa delle sue idee, del suo colore, del suo sguardo.
Ci sono dei giorni, Signore, mio Dio, in cui amare l’altro, mi tortura il cuore,
a causa della mia paura, della mia sofferenza, dei miei limiti. Signore.
Mio Dio, in questi giorni difficili,
ripetimi che tutti siamo tuoi figli e figlie
e non permettere che dimentichi le tue parole:
“quello che avete fatto al minimo dei miei fratelli, lo avrete fatto a me”

(Spalanca la finestra, Torre Pellice, 2000, p. 51)


Eppure, nel brano che abbiamo letto Dio dice Io il Signore, ho fatto progetti precisi su di voi. Vi assicuro: sono progetti di benessere, non di sventure perché voglio darvi un futuro pieno di speranza.  Allora, quando verrete a supplicarmi e a pregarmi, io vi esaudirò.
Concretamente, Dio dice all’Israele in esilio di coltivare degli orti e mangiarne dei frutti. In altre parole, di seminare i semi del domani.  Questo vuole dire che noi i semi di una vita diversa per noi stessi e gli altri li abbiamo! Se no, come potrebbe lo Spirito produrre i suoi frutti in noi? Dio del passato, presente e futuro, che ci ha amati prima che noi lo conoscessimo, si prende cura di noi in ogni momento delle nostre vite; conosce i nostri pensieri più intimi, le nostre speranze e anche le nostre più grandi paure; conosce il peggio di noi, e comunque ci continua ad amare. Dio non ci abbandona mai. I suoi piani e le sue promesse ci danno speranza per oggi e domani. E Dio si manifesta nelle sorelle e nei fratelli che mette sul nostro cammino. Dagli orti che piantiamo sorge la comunità di donne e uomini che accolgono le promesse di Dio, qualcuno pianta, dice l’apostolo Paolo, un altro annaffia, ma è Dio che fa crescere.
A volte non riusciamo a sentire la chiamata di Dio, “tanto chiasso tutto intorno come si fa capire?” dice un canto. A volte non riusciamo a vedere dove vanno piantati i semi di speranza e una volta piantati non riusciamo a curarli adeguatamente. Per questo Dio ci circonda di compagni e compagne di cammino in modo che insieme possiamo nutrire i semi nella nostra vita, nella nostra comunità e nostro paese. Simbolo dell’amore di Dio che ci raccoglie e ci raduna unendoci gli uni agli altri è la cena alla quale il Signore ci invita.

Si è seduto alla nostra tavola, oggi ci invita alla sua
Ha invitato tutti i popoli e le tribù di Israele per condividere il nuovo pane
per alzare la coppa senza paragone,
invocando il suo regno, con tutte le loro forze,
per cancellare i morsi della fame e lo spargimento di sangue, su tutta la terra.
Accolti dal tuo amore, ci riuniamo intorno alla tavola e ricordiamo, o Dio
La passione e la morte del tuo Figlio e nostro fratello, proclamiamo la sua resurrezione e aspettiamo la sua venuta.
Riceviamo questo pane della vita perché si spenga la fame che tormenta ancora la nostra terra
Eleviamo questa coppa, il sangue versato per noi
Supplicando che cessi la violenza degli uomini contro le donne e le guerre dei popoli tra di loro Viviamo questa comunione con tutti coloro Che il tuo Spirito identifica a Gesù di Nazaret
E trasforma nell’immagine del risuscitato
Per tutto ciò siamo colmi di riconoscenza
Assieme al tuo popolo di ogni tempo e di ogni dove
Assieme a coloro che in tutto il mondo, in un modo o un altro, celebrano la giornata mondiale di preghiera.
(In attesa del mattino, Torre Pellice, 1991, p. 82)

Geremia dice Mi cercherete e mi troverete. Poiché mi cercherete con tutto il vostro cuore, io mi lascerò trovare da voi, ve lo prometto. Ricostruirò il vostro popolo, vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i paesi dove vi ho dispersi. Vi farò ritornare nel luogo dal quale vi ho fatti partire per l’esilio. Mentre aspettiamo il compimento le promesse preghiamo Per tutti gli affamati, per coloro che non hanno abbastanza con cui vivere una vita dignitosa; affinché possano trovare generosità nelle loro comunità. Per le persone che subiscono qualsiasi tipo di abuso, che non trovano una rete di sicurezza nei posti di lavoro, di studio e a casa; che possano trovare la forza e che vengano liberati dalla paura.Per tutti coloro che vengono emarginati, che possano essere e sentirsi inclusi e che possano riconoscersi come figli e figlie amati da Te. Infine, ringraziamo il Dio amorevole per esserci riuniti alla sua presenza per condividere il culto. Gli chiediamo di benedire le offerte che abbiamo raccolte e il lavoro della “City of Sanctuary” a favore delle donne richiedenti asilo. E ora, nelle sfide e nelle gioie, che insieme al mondo intero affrontiamo, siamo certi che non le affrontiamo da soli. Seminiamo semi di pace, speranza e amore, nel nome di Dio, nostro padre e madre, nel nome del Figlio e nel nome dello Spirito Santo. Amen


Elizabeth Green


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